Cerca nel blog

Visualizzazione post con etichetta Miles Davis. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Miles Davis. Mostra tutti i post

venerdì 22 maggio 2020

Four


Questa è la prima incisione di uno dei classici di Miles Davis, uno dei suoi cavalli di battaglia per lungo tempo, divenuto giustamente un famoso standard. Ho ascoltato questa versione in un bellissimo cd antologico uscito in edicola per la Armando Curcio Editore nel 1991, Dizionario Enciclopedico del Jazz, con una presentazione nel booklet di Franco Fayenz. E l'ho sempre considerata un capolavoro. Se qualcuno mi chiedesse cos'è il jazz, ecco, probabilmente farei ascoltare questo brano. Mi sembra tutto così perfetto, sensuale, commovente, di un calore intenso e di una liricità unica. Il brano, le improvvisazioni di Davis e di Horace Silver, l'accompagnamento e le interazioni di Percy Heath e Art Blakey, la ripresa del tema modificato e anche lo strano finale che lascia tutto in sospeso, come se non finisse mai quell'emozione.  


Sono andato, con il tempo, ad indagare su quella registrazione, a cercare di scoprire le vicende intorno a quella musica, le circostanze e il momento storico. Non senza sorprese, ho scoperto che questa versione di Four è, per l'appunto, la prima ad essere stata incisa e venne pubblicata in un Lp a 10 pollici della Prestige (una sorta di mini Lp) dal titolo Miles Davis Quartet. Il disco in realtà fu registrato in due session differenti. La prima facciata è del 19 maggio 1953 mentre la seconda è del 15 marzo 1954. Diverse anche le formazioni: nel 1953 oltre a Davis abbiamo John Lewis al piano, Percy Heath al contrabbasso (il Modern Jazz Quartet!), Max Roach alla batteria e, solo in Smooch, un inedito Charles Mingus al piano al posto di Lewis. La seconda facciata, con Four, That Old Devil Moon e Blue Haze, vede al pianoforte un giovane Horace Silver, al contrabbasso sempre Percy Heath e alla batteria Art Blakey. Nella prima facciata i brani sono When Lights Are Low, Tune Up, Miles Ahead e, come detto prima, Smooch
 
A parte questi dettagli, più interessante è sapere in quali circostanze Davis si trova a registrare questo particolare Lp, e soprattutto i brani della seconda facciata tra i quali Four. Nella sua splendida autobiografia Miles racconta come in quel periodo la sua dipendenza dall'eroina fosse un grosso problema, non solo fisico e mentale ma anche musicale. La difficoltà nel suonare, nel concentrarsi, e la schiavitù dovuta alla droga che lo rendeva nervoso e incapace di organizzare la sua vita, artistica e non.  In poche e struggenti pagine racconta del suo tentativo di disintossicazione, e del dolore e della fatica di quei giorni chiuso a chiave in un piccolissima dependance della casa del padre. Alla fine ce la fa, ma non sarà un'uscita definitiva. 
Per evitare di avere troppe tentazioni con la droga, invece di tornare a New York, dove era più semplice procurarsela, si rifugia per qualche mese a Detroit. Poi, sentitosi più sicuro, agli inizi del 1954 torna nella Grande Mela e inizia a registrare sia per la Blue Note che per la Prestige. 


Ancora alcuni particolari: il brano, Four, è sempre stato attribuito a Miles Davis, ma il sassofonista Eddie Cleanhead Vinson ne ha rivendicato la paternità, insieme ad un'altra bella composizione anch'essa attribuita a Davis, Tune Up. Sembra che Miles abbia composto e registrato Four perché in quel periodo voleva suonare in quartetto, come poi avvenne in effetti. Al suo ritorno a New York, visto che aveva perso la sua tromba, noleggiò numerose volte quella di Art Farmer, e probabilmente Four venne registrata proprio con questa. 
  
Ma perché individuare questa registrazione come dimostrazione di autentico jazz, come un archetipo della musica afroamericana? 
Ognuno di noi porta con se emozioni che tracciano il proprio percorso di vita e che sfuggono naturalmente a spiegazioni oggettive. Abbiamo dei piccoli tesori che ogni tanto riapriamo e che ci illuminano il cammino, ci guidano talvolta, oppure ci accompagnano. Per chi suona, oppure per chi scrive, dipinge, recita, l'individuazione di questi modelli rappresenta una continua fonte di ispirazione. E si torna lì, alla sorgente, per continuare ad irrorarsi di idee e stimoli, sperando di trovarne sempre. 

Four è così semplice e allo stesso tempo così affascinante. Quel suono unico di Davis che tratteggia con assoluta naturalezza melodie instancabili. Quel suo stare sul tempo e dentro al tempo, quel suo posarsi sul timing in maniera delicata ma sicura. I silenzi che si incastonano nelle intense frasi suonate da Davis stimolano un ascolto continuo e incessante. Vorresti risentire continuamente il brano per scoprire i segreti di una bellezza così eterea e allo stesso tempo avvolgente, ammaliante. 
E poi c'è Percy Heath con quel suono di contrabbasso così rotondo e morbido che danza costante, sotterraneo. Horace Silver che sottolinea e dà vigore all'improvvisazione, e a sua volta si produce in un assolo anch'esso così semplice, lineare e per questo suggestivo. La batteria di Blakey che tinge di striature velate tutto il brano,  accompagnandolo verso un flusso continuo che scorre intenso, a contrappuntare le emozioni. 

Questo Four possiede un raro equilibrio, tutte le dinamiche e gli eventi si susseguono come se fossero inevitabili, desunte dai contesti precedenti, dalle intuizioni e dalle proposizioni. Appare tutto semplice e naturale, come se ci fosse sempre stato.  Ed è questo, forse, il suo più grande pregio. 

Ognuno di noi ha un suo Four, e anche più d'uno ovviamente. Proverò a scovarne, tra conferme e sorprese, com'è giusto che sia, tra le scene musicali. Di tanto in tanto. 



pop

Recensioni. Kevin Ayers and The Whole World "Shooting at the Moon"

  Kevin Ayers And The Whole World SHOOTING AT THE MOON Harvest 1970 Il secondo album solista di Kevin Ayers vede al suo fianco, al co...