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mercoledì 11 marzo 2020

Fantascienza e ambigue comuni!

Il rituffarmi con entusiasmo all'interno del mondo della fantascienza scritta, dopo molti anni di colpevole abbandono, mi ha portato a riflessioni bizzarre e curiose analogie. 
A parte le considerazioni sul genere come configurazione dell'immaginario, come esplorazione dei confini del possibile e quindi, di questi tempi, il suo mutarsi quasi completamente in distopia, vorrei invece condurre alcuni ragionamenti sul rapporto tra fantascienza e musica, rock e jazz in particolare.


Mi sono imbattuto in una serie di articoli, per lo più compilativi, con lunghe ed esaurienti liste di gruppi e solisti che per un motivo o per l'altro hanno avuto rapporti con la fantascienza, sia per quanto riguarda i testi che dal punto di vista più strettamente musicale. 
Onestamente, penso che nella stragrande maggioranza dei casi chiunque, in ambito musicale popolare contemporaneo, abbia prima o poi fatto riferimento a tematiche più o meno vicine alla fantascienza. D'altronde, secondo Antonio Caronia, uno dei massimi esperti in questo campo scomparso purtroppo nel 2013, la fantascienza nasce nel 1920 con le riviste pulp americane, grosso modo quando iniziano ad essere commercializzati su larga scala i dischi. Sono prodotti per così dire pop, ed hanno a lungo interagito nell'immaginario del ventesimo secolo. Il blues, il jazz, il rock hanno tratto ispirazione da un genere che più di altri, in ambito popolare, ha saputo "riflettere, rielaborare, restituirci, le contraddizioni della nostra vita, pubblica e privata, le aspirazioni, le tensioni, gli incubi che percorrono il tessuto sociale e le storie personali di ognuno di noi", (Antonio Caronia, Giuliano Spagnul, Introduzione a Nei Labirinti della Fantascienza, Mimesis Edizioni, Milano-Udine, 2012-2013).


David Bowie, Pink Floyd, Rush, i gruppi Progressive, King Crimson e Van Der Graaf Geenerator su tutti, ma anche Gary Numan e i Radiohead, i Beatles e i Rolling Stones di Their Satanic Majesties Request, Elton John con Rocket Man. E poi, per quanto riguarda il jazz....Fruttero e Lucentini, nell'antologia di racconti Il Quarto Libro della Fantascienza, da loro curata, mettono in parallelo la storia di due generi, jazz e fantascienza, entrambi nati negli anni 20 del secolo scorso, in America, di "origini popolari e nobili ascendenze". E nel momento stesso che l'Inghilterra rivoluziona il genere letterario con la cosiddetta new wave della rivista New Worlds diretta da James Ballard e Michael Moorcock anche la musica afroamericana si trova ad essere reinterpretata dai musicisti jazz europei, primi fra tutti gli inglesi (Claudio Bonomi, Gennaro Fucile. Elastic Jazz. Sketches of Britain, Edizioni Auditorium, Milano, 2005). Il Coltrane di Interstellar Space, Science Fiction di Ornette Coleman, i Weather Report di I Sing The Body Electric, ispirato ad un racconto di Ray Bradbury, i Nucleus di Solar Plexus....


Insomma, di esempi ce ne sarebbero a centinaia e questo vuole solo dire che fantascienza e musica popolare hanno avuto così tanti stretti legami da risultare  l'una ispirazione dell'altra e viceversa, probabilmente.
Ho evitato di nominare alcune formazioni che più di altre, secondo me, hanno avuto un atteggiamento differente, più di spessore per alcuni versi, rispetto ai tanti esempi che ho elencato sopra e ad altrettanti che non ho citato. Ma questi sono un po' il fulcro di questo post e quindi ci torno fra poco. Ora, più interessante a me sembra l'idea di identificare, certo sommariamente, alcuni criteri musicali che corrispondono, grosso modo, ad un suono "fantascientifico". O meglio, esiste effettivamente un'estetica musicale che possa essere ricondotta alla letteratura e alle caratteristiche della fantascienza?


E' estremamente complicato trovare punti in comune per esempio tra Bowie e i Rush, e tra questi e Coltrane, oppure i Radiohead con i Blue Oyster Cult. Insomma, a parte i riferimenti letterari, i rimandi ad autori e a storie della fantascienza, dal punto di vista strettamente musicale non sembra esserci molto in comune. Eppure credo che un certo tipo di approccio ed estetica musicale debba essere ricondotta all'immaginario della letteratura di genere. Le lunghe suite irrobustite dai suoni del synth, o dalle tastiere, possono benissimo ricollegarsi ai viaggi interspaziali comuni a molte storie della fantascienza del primo periodo. Così come una certa sperimentazione elettronica propria del Kraut Rock ha molto di futuro, e le lunghe improvvisazioni coltraniane portano l'ascoltatore in altri mondi, al pari degli inquietanti paesaggi sonori del Coleman di Science Fiction che prefigurano un avvenire oscuro e conturbante.


L'estendere i confini, immaginari e musicali, le sperimentazioni, elettroniche e non, l'evocazione di territori altri, inauditi, sono approcci che potremmo definire fantascientifici, ovviamente non prendendoci troppo sul serio. Certo è ancora un po' vaga la caratterizzazione, ma il tutto sembrerà più chiaro andando a prendere in esame coloro che più di altri hanno fatto del rapporto con la fantascienza la loro cifra stilistica, la loro impronta.
Sun Ra Arkestra, Hawkwind, Gong. Non sono i soli ad essere portatori di estetiche del futuro, ma sono quelli che, curiosamente, hanno caratteristiche in comune che sono rapportabili ad una forte aderenza all'immaginario sci-fi.
Iniziamo con il sottolineare la presenza, in tutte e tre le compagini, di lunghe suite, con innesti di synth e lunghe ripetizioni di frasi  e loop. Pur essendo gruppi estremamente differenti fra loro, soprattutto l'Arkestra rispetto agli altri due, non mi sembra di essere troppo lontano dal dire che queste lunghe fughe spaziali caratterizzano in grossa parte le loro composizioni. Talmente è presente ed è forte, sia come testi che come estetica generale, l'ambientazione fantascientifica che la musica non può non risentirne. Per quanto concerne Sun Ra, tutto ciò che lo riguarda è improntato ad altri mondi, ad una musica che proviene da altri universi. Gli Hawkwind hanno avuto come paroliere, e anche come performer, proprio lo scrittore Michael Moorcock, uno degli artefici della New Wave inglese, quella sorta di corrente che rivoluzionò la fantascienza negli anni '60. I Gong di Daevid Allen hanno viaggiato su teiere volanti partendo da un fantomatico pianeta popolato da stranissimi personaggi e raccontando vicende bizzarre e stralunate.


Sono similitudini a volte superficiali,  nondimeno rappresentano un tipo di approccio che determina particolari caratteristiche musicali. E non solo. In realtà, ciò che mi ha colpito di più nell'analizzare le storie di questi ensemble è  stato il modello partecipativo adottato. Le vicende di questi gruppi sono state caratterizzate da tentativi più o meno riusciti di vissuti collettivi, di costruzioni di comunità alternative. Qualcosa abbastanza raro nel mondo sia del rock che del jazz.
Le storie degli Hawkwind, dei Gong e dell'Arkestra di Sun Ra tentano invece di coniugare collettivamente musica e vita privata, all'interno di comuni dove mettere in pratica esperienze anticonformiste. Formazioni variabili e allargate, con frequenti cambi e la presenza di scrittori, artisti, intellettuali, performers vari, residenze collettive, intensa attività live e numerose uscite discografiche:  è come se avessero voluto testimoniare e riprodurre in Terra le vicende da loro ambientate nel cosmo.


Sun Ra è, nei fatti, il precursore di questo tipo di esperienze e il suo approccio, nei confronti dell' Arkestra (che ha avuto negli anni differenti nomi) è di tipo protettivo, accudente e con elementi dispotici. Le comuni di Dave Brock e di Daevid Allen sono invece figlie dei movimenti giovanili della fine degli anni '60 e degli anni '70. Una sorta di fuga dal mondo capitalista e una ricerca di mondi diversi. In questo caso da costruire sulla Terra. Ma tutte e tre le esperienze condividono la presenza di un leader, di una guida spirituale, musicale, anche filosofica potremmo dire. E se gli approcci differiscono nondimeno i leader esercitano, chi con tratti dispotici chi in maniera più soft o addirittura rifuggendo talvolta dalle proprie responsabilità, come nel caso di Allen, una specie di potere alieno, una volontà non solo artistica di costruire il gruppo, e la comunità, ma anche, come dicevo prima, filosofica e spirituale.
Tutte e tre le comuni vivono immerse in mondi fantascientifici, pienamente e, per certi versi, consapevolmente, consci di veicolare messaggi, musiche e storie di e da altri mondi. E' come se avessero trovato, nella letteratura sci-fi, la possibilità di manifestare le loro espressività artistiche e poi le avessero riversate all'interno della comunità. O forse il pensiero fortemente controcorrente ha trovato dimora in altri mondi, letterari e musicali, e le comuni sono state il mezzo per poter vivere con pienezza le loro concezioni, il loro spirito. In ogni caso le storie di questi tre gruppi, e dei loro leader, rappresentano, un serio e concreto rapporto con la fantascienza, oltre il lato prettamente musicale e testuale.




Da questo punto di vista la fantascienza conferma la sua enorme capacità nel rappresentare non solo le ambizioni, le nevrosi  e le paure della società contemporanea ma anche a trascendere la realtà e a delineare visioni utopiche e mondi alternativi.

Potrei anche finirla qui se, in questa strana riflessione, non si affacciasse un'altra comune, forse la più famosa, o comunque quella con il maggior numero di seguaci. E che con la fantascienza, anche se di lato, in maniera defilata, tutto sommato qualche contatto lo ha avuto. 
Parlo dei Grateful Dead e della loro stella scura, quel viaggio interspaziale compiuto con Dark Star che ha fatto sognare milioni di ascoltatori, dal vivo e a casa propria su disco. Anche loro con una guida spirituale, Jerry Garcia, e una visione collettiva artistica e di vita che trova legittimità nelle stelle, sulle Mountains Of The Moon, insieme a personaggi come Cosmic Charlie
E, visto che siamo dalle parti di San Francisco, un breve accenno va fatto anche per l'altra comune, quella dell'aeroplano Jefferson, della suora cromata Grace Slick e, soprattutto, della nave spaziale Starship. Il disco Blows Against The Empire, accreditato a Paul Kantner e Jefferson Starship, esplica in maniera chiara la visione di una fuga dalla Terra, ormai irriformabile, e la ricerca di un nuovo pianeta dove poter costruire un mondo nuovo, più giusto e solidale, senza sfruttamento e senza guerre.  

"Mi ci vollero degli anni per rendermi conto di aver scelto di lavorare in generi disprezzati e marginali come la fantascienza, la fantasy e la narrativa per adolescenti, esattamente perchè essi erano esclusi dal controllo della critica, dell'accademia, della tradizione letteraria, e consentivano all'artista di essere libero"
Ursula K. Le Guin


pop

lunedì 9 marzo 2020

Radio Gnome Invisible. La Trilogia del Pianeta Gong. Parte 5


La Cosmogonia del pianeta Gong





La trilogia di Radio Gnome Invisible, oltre ad avere un’omogeneità e un filo conduttore musicale, ha un contorno testuale e storie che, per quanto bizzarre e confuse, corrono attraverso i tre dischi. Ideatore del  mondo gonghiano è Daevid Allen, che costruisce intorno alla musica un universo fantastico fatto di simbolismi, stramberie psichedeliche, personaggi e avventure fiabesche. Il tutto sempre avvolto da grande ironia, elemento che accomuna un po’ tutta la scena di Canterbury. L’invenzione di un mondo fantasy associa i Gong agli altri grandi alfieri dello space rock, gli Hawkwind, e al loro mentore letterario, Michael Moorcock, scrittore di fantascienza e autore di molti testi del gruppo.
Ma per Daevid Allen la costruzione di questa cosmogonia è qualcosa di più di un’opera letteraria. Sembra quasi essere un involucro nel quale l’australiano vuole inserire la sua filosofia di vita, reinterpretarla e reindirizzarla alla luce delle coordinate del pianeta Gong. E’ come se avesse traslato le sue esperienze in un altro mondo che per lui è veramente presente, vivo, e non solo un artificio letterario. O forse, ipotesi altamente probabile, è soltanto un grande e spettacolare scherzo di un geniale folletto alle prese con la vita.



L’australiano fa risalire alla Pasqua del 1966 la sua prima visione del pianeta Gong che, già nei precedenti lavori prima della trilogia, inizia a lanciare timidi segnali di apparizione. Su Camembert Electrique compare per la prima volta la dea lunare Selene e su Magick Brother, in Gong Song, viene introdotta approssimativamente la mitologia del pianeta e dei suoi Pot Head Pixies.
Ma ovviamente con Flying Teapot abbiamo il vero inizio della storia. 
Radio Gnome è una sorta di radio pirata telepatica che trasmette da una teiera volante proveniente dal pianeta Gong. Questa teiera atterra in Tibet sul tappeto di preghiera di Lawrence l’alieno il quale, leggermente turbato, improvvisa una danza con i suoi tamburi. 
La teiera è colma di folletti chiamati Pot Head Pixies che rimangono affascinati dal loro primo incontro con un terrestre. Il grande yogi Banana Ananda porta in salvo i Pot Head Pixies e li presenta alla banda. Poi arrivano i Grandi Saggi, detti Dottori dell’Ottava che diffondono subliminali  e segrete saggezze attraverso la macchina di cristallo. Solo Zero The Hero poteva essere in grado di interpretare quei messaggi e canta per i folletti una canzone d’amore e devozione. Ma i Pot Head Pixies non vogliono essere adorati e portano Zero attraverso la terra di Scat e i campi magnetici di Bad De Grasse (il soprannome di Didier Malherbe), dove Zero vede una teiera volante e incontra la strega Yoni che seduce tutti con un flusso incantato. Poi canta la sua canzone I Am Your Pussy, con un dingo che le offre fish and chips.



Questa è la storia che appare all’interno della copertina di Flying Teapot e che presenta alcuni protagonisti  della trilogia. Zero The Hero è il personaggio principale, che abbandona la sua vita ordinaria grazie ad una visione in Charing Cross Road a Londra e decide di fondare il culto di Cock Pot Pixie, il primo Pot Head Pixie a sbarcare sulla Terra. Lo yogi Banana Ananda, lo yogi della birra che vive in una caverna in Tibet. 
I Pot Head Pixies, gli abitanti del pianeta Gong che viaggiano all’interno di una teiera volante.  Yoni, la buona strega che serve la divinità lunare Selene. I Dottori Dell’Ottava, i saggi protettori del pianeta Gong. A questi personaggi vanno aggiunti un allevatore di maiali egittologo, Mista T. Being, e un venditore ambulante di teiere antiche dal nome Fred The Fish. Costui vende un orecchino magico, in grado di captare i segnali del pianeta Gong irradiati da Radio Gnome, all’allevatore e insieme si recano in Tibet dallo yogi Banana Ananda.
La storia continua su Angel’s Egg e vede Zero The Hero fluttuare nello spazio dopo aver bevuto una pozione magica. Sul pianeta Gong conosce una prostituta che lo presenta alla dea lunare Selene mentre i Pot Head Pixies gli spiegano come riescono a volare sulle teiere volanti. Zero viene portato al Tempio Invisibile del pianeta Gong dove ci sono i 32 Dottori Dell’Ottava e gli viene rivelato un grande piano. Zero dovrà organizzare sulla Terra un grande banchetto di freaks e a ciascuno di loro verrà dato un terzo occhio dal Dottore Dell’Ottava della Terra, Switch Doctor, il quale vive presso l’Invisible Opera Company Of Tibet. Il terzo occhio è proprio Angel’s Egg, un mandala che sarà il simbolo dei Gong e che prefigura l’avvento di una Nuova Era sulla Terra.



Con You termina la saga di Radio Gnome Invisible. Zero fa ritorno sulla Terra e chiede a Hiram il capomastro come costruire il proprio Tempio Invisibile. Poi organizza il banchetto di freaks sull’isola di Everywhere e lo Switch Doctor fornisce il terzo occhio a tutti gli invitati eccetto proprio Zero che si è lasciato sedurre dalla Torta Di Frutta di Banana Ananda e per questo è costretto a ruotare sul ciclo della nascita e della morte avvicinandosi lentamente all’Angels Egg, il terzo occhio.

Questo universo fantasy, ricco di messaggi e stravaganze assortite, viene declinato attraverso i brani dei tre dischi in un fluire spontaneo, gioioso, quasi a voler mostrare all’ascoltatore la naturalezza e la veridicità delle avventure di Zero e del pianeta Gong. E’ un’impalcatura che, al contrario di molti altri concept album, alleggerisce ed esalta la musica, usando spesso l’ironia, il capriccio e il nonsense.
Ci sarà  lo spazio anche per un quarto e un quinto capitolo della saga.  Shapeshifter, pubblicato nel 1992, e Zero To Infinity, del 2000, con formazioni rimaneggiate ma ancora una sana e ironica visione della musica e del pianeta Gong. Come ha scritto il Daily Telegraph dopo la morte di Daevid Allen, avvenuta il 13 marzo 2015, “Allen si è divertito ad essere il giullare dell’hippie rock e non ha mai perso il suo entusiasmo per il potere trascendente dell’esperienza psichedelica. Una volta ha osservato: la psichedelia per me è un codice per quella profonda esperienza spirituale in cui esiste un legame diretto con gli dei. Il fatto che non abbia mai raggiunto la ricchezza e la fama di molti suoi contemporanei non lo riguardava”. 




Fonti
Daevid Allen, Gong Dreaming 1, GAS Publishing 1994
Aymeric Leroy, L’ècole De Canterbury, Le Mot Et Le Rest, 2016
Graham Bennett, Soft Machine, SAF Publishing, 2005
Michele Coralli, Swingin’ Canterbury, Tuttle Edizioni, 2007
Giancarlo Nanni, Rock Progressivo Inglese, Castelvecchi, 1998
Al Aprile Luca Mayer, La Musica Rock-Progressiva Europea, Gammalibri, 1980
Luigi Bontempi, I Racconti Di Canterbury, Nautilus, 2007
  



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