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sabato 2 aprile 2022

Recensioni. Idris Ackamoor & The Pyramids "Shaman!"

 




                                                Idris Ackamoor & The Pyramids

SHAMAN!

Strut 2020

Il terzo capitolo della trilogia afro-spirituale di Ackamoor e dei suoi Pyramids arriva dritto al cuore, muove le coordinate verso ambiti introspettivi, pur non rinunciando completamente a tematiche più propriamente politiche. Dal suo ritorno sulle scene nel 2016 con We Be All africans (mentre An Angel Fell è del 2018) Bruce Baker, alias Idris Ackamoor, ha sviluppato una sua estetica sicuramente in linea con le ultime tendenze black, tra groove, improvvisazioni modali, fascinazioni afro, correnti funk e echi del faraone Sanders, nonché dei ColtraneJohn e Alice, senza certo dimenticare le incursioni spaziali di Sun Ra. Ma in questo caso il giovane allievo di Cecil Taylor (è stato, agli inizi degli anni ’70, nel Cecil Taylor Black Music Ensemble) ci mette parecchio del suo grazie a un collettivo coeso, ricco di eccellenti e brillanti performer, valga per tutti l’affascinante violino elettrico di Sandra Poindexter che illumina e colora di originalità tutto l’album. Inoltre, per l’occasione, ritrova al suo fianco la flautista e compositrice Dr. Margaux Simmons, fondatrice, insieme ad Ackamoor e a Kimathi Asante dei primi Pyramids, quelli degli anni ’70, quando il gruppo girava tra Africa, Europa e Stati Uniti. Il disco è diviso in quattro parti, e la terza (Upon Whose Shoulders We Stand) è forse la più vigorosa, con una Salvation che commuove sotto le energiche scorribande del tenore di Ackamoor, suoni che rimandano al Coltrane più spirituale e stellare, mentre Theme For Cecil (chiaro omaggio al suo mentore Cecil Taylor) è caratterizzata da una ritmicità dal sapore tribale e con il sax alto del leader che illumina tutto il brano, ben coadiuvato dalle improvvisazioni della Simmons. La prima parte di Shaman! (Fire Rites Of Penance) ha un andamento più levigato, con la title track dall’inizio lento, quasi una ballad, e una parte centrale afrobeat, call and response e agili e intense frasi tematiche, seguita da una Tango Of Love anch’essa divisa in due parti, simile al brano d’apertura, arricchita da splendidi assoli della Poindexter, della Simmons e di Ackamoor stesso. A Glimpse Of Eternity, la seconda parte dell’lp, si apre con quella sorta di mambo orientale che è Eternity, atmosfere alla Sun Ra attraversate dai flussi free del sax tenore di Ackamoor , e prosegue con When Will I See You Again? un forte richiamo all’attualità, alle uccisioni di massa di Columbine, San Bernardino, Las Vegas, Parigi, Berlino, Young and old die before their timeIn thew wrong place at the wrong timeYour life can change at the drop of time, venature soul di stampo english, per un disco prodotto e mixato a Londra dal co fondatore e produttore degli Heliocentrics Malcom Catto. La chiusura dell’album è affidata alla memoria del popolo afroamericano: 400 Years The Clotilda (l’ultima nave schiavista), scorre tra richiami afro-futuristi (Virgin), sonorità psichedeliche (The Last Slave Ship) e spiriti subsahariani (Dogon Mysteries), per un lavoro splendido, evocativo, ancestrale, un tuffo spirituale tra echi del passato e concreti sguardi sul futuro.

 

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