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giovedì 5 marzo 2020

Radio Gnome Invisible. La Trilogia del Pianeta Gong. Parte 4


You




Registrato dalla stessa formazione di Angel’s Egg con l’aggiunta di Mireille Bauer e Benoit Moerlen al vibrafono (fratello minore di Pierre) nel secondo brano, prodotto sempre da Simon Heyworth e dai Gong stessi, You si apre con Thoughts For Naught
Un inizio contraddistinto da una classica melodia etnica del flauto accompagnata dalle declamazioni di Allen che, di fatto, introduce A P.H.P.’s Advice, come detto in precedenza un vecchio brano risalente a Camembert Electrique che ne mantiene l’estetica cabarettistica con intermezzi zappiani. Il terzo brano, Magick Mother Invocation, è un evocativo soffio spaziale di Gilli sopra un bordone di voce e synth che si conclude con l’incisivo riff di Master Builder. Suonato dal basso e doppiato da voce e flauto, con Blake che illumina l’atmosfera, il riff è poi preso anche dalla chitarra in corrispondenza del solo di sax. Soliti stop e ripartenze e Hillage che trasforma la composizione in una lunga cavalcata psichedelica. 
A Sprinkling Of Clouds inizia con Tim Blake e le sue oscillazioni cosmiche, un breve solo di Mike e quindi l’incredibile riff di basso con quel suo metro ritmico così particolare: 5 5 5 9. Sopra questo ritmo assolutamente irregolare si staglia un bell’assolo di Blake seguito dalla chitarra di Hillage che riporta il brano su un regolare 4/4 e all’intervento del sax intrecciato ai flauti. Perfect Mistery è un tipico brano alla Daevid Allen, andamento barcollante, voce rafforzata dal sax e intermezzi di vibrafono e Gilli. Una delle poche canzoni di You


The Isle Of Everywhere è un po’ l’emblema di questo disco ed è anche il brano dove vengono raggiunti una serie di compromessi per soddisfare le diverse volontà dei membri del gruppo, in particolare la ritmica e Didier Malherbe. Si comincia con un giro di basso molto funky, il soffio spaziale della Smyth e un 4/4 che ogni 4 battute sale di una terza minore. Il ritmo si trasforma in un 7/8 con il sax di Malherbe che subentra a Gilli Smyth e che finalmente può fraseggiare in modo jazzistico grazie alle  progressioni armoniche di terze minori ascendenti. Il brano continua alternando 4/4 a 7/8 e lasciando spazio all’assolo di Hillage. Una lunga composizione dal classico sapore jazz rock che evidenzia nettamente il ridimensionamento di Daevid Allen, qui decisamente assente sia in termini musicali che compositivi.
 Il disco si conclude con You Never Blow Yr Trip Forever, anch’esso lungo ma certamente più vicino alle atmosfere di Angel’s Egg, con un equilibrio tra parti cantate e parti strumentali. Un iniziale funky su tempi dispari con i buffi interventi di Allen sfocia in un bordone contraddistinto dal canto di Daevid e un bell’assolo di flauto.  Si continua con una cavalcata tipicamente Gong sempre contraddistinta da un alternarsi di tempi irregolari e regolari alla quale segue uno strano intermezzo suonato molto piano sempre con la voce di Allen in risalto. Il brano si conclude con il flauto che improvvisa melodie orientaleggianti intrecciate ad un loop vocale.



Il capitolo finale della trilogia sancisce l’evoluzione dei Gong verso territori più inclini alle mode di quel tempo, lunghi brani jazz rock con assoli, pur conservando in modo consistente comunque una originalità ed un approccio altro alla musica, frutto della creatività del loro leader che, soprattutto nell’ultimo brano, ancora illumina il percorso musicale del gruppo.
E’ in ogni caso un disco che è pienamente parte di questa trilogia caratterizzata da un’architettura musicale di indubbio valore, da una serie di idee musicali e letterarie assolutamente originali e che saranno di esempio per moltissimi musicisti. Pur considerato il disco meno riuscito You ha in sé affascinanti e inebrianti musiche che concludono degnamente la cosmogonia del pianeta Gong.

Prima della pubblicazione ufficiale di You c’è tempo per i consueti cambi di formazione. Moerlen lascia di nuovo il gruppo per suonare con Les Percussions De Strasbourg e viene sostituito per poco tempo da Chris Cutler, batterista degli Henry Cow. La classica line up dei Gong, questa volta escluso Allen, registra il primo lavoro solista di Hillage, Fish Rising, mentre Laurie Allan torna a far parte del gruppo e sostituisce Cutler. Il 30 ottobre, alla frontiera franco tedesca, Laurie Allan è sorpreso dalla polizia con sostanze stupefacenti e gli viene impedito il ritorno in Francia. Il successivo batterista sarà Bill Bruford seguito poi, agli inizi del 1975, dall’ex Nice e Refugee Brian Davison. Ma ormai la situazione sta rapidamente degenerando. A Tim Blake viene chiesto di lasciare il gruppo e non viene sostituito. Ad aprile 1975 Daevid e Gilli, stanchi e bisognosi di una pausa, lasciano il gruppo che, sotto la guida di Hillage continua comunque l’attività live. 
Torna saltuariamente anche Tim Blake, partecipa per alcune date  il tastierista ex Hatfield And The North Dave Stewart e, abbandonati da Brian Davison, i Gong, sotto la spinta della Virgin, riaccolgono in qualità di batterista e nuovo leader Pierre Moerlen. Da qui inizia un’altra storia, forse meno affascinante della prima ma comunque ricca di soddisfazioni artistiche e, in parte, anche commerciali, con il gruppo pienamente inserito nel filone jazz rock.

pop

lunedì 2 marzo 2020

Radio Gnome Invisible. La Trilogia del Pianeta Gong. Parte 3


Angel’s Egg




E veniamo finalmente ad Angel’s Egg, secondo capitolo di Radio Gnome Invisible, pubblicato dalla Virgin il 7 dicembre 1973 e, a detta di molti, il capolavoro dei Gong.
Innanzitutto  per la prima volta Daevid è riuscito a radunare intorno a sé un autentico gruppo, stabile e ben preparato, in grado di creare un universo sonoro attraverso le sue composizioni, modificandole, sviluppandole e arrangiandole con maestria e virtuosismo. Alla chitarra troviamo Steve Hillage, Didier Malherbe sassofoni e flauto, Tim Blake synth, Mike Howlett basso, Pierre Morlen batteria, marimba e vibrafono, Gilli Smyth voce e soffio spaziale.  
Angel’s Egg si apre con Other Side Of The Sky, a firma Blake e Allen, e subito si intuisce l’amalgama raggiunto dalla formazione, la sicurezza di avere un suo particolare suono e un approccio diremmo progressivo ai brani e alla musica in generale. Un inizio misterioso caratterizzato dal synth di Blake sul quale si adagiano il soffio spaziale di Smyth ed un incisivo sax di Malherbe. Siamo  un po’ dalle parti della Kosmische Musik rafforzata da elementi Rileyani. Una serie di Ohm evocativi, un richiamo al sound canterburiano e poi un lampo che squarcia l’universo, la chitarra di Hillage che tanto era mancata su Flying Teapot. Gli elementi principali della maturità Gong sono già tutti presenti. 
Il brano successivo, Sold To The Highest Buddha, questa volta a firma Howlett e Allen, ha un andamento alla Camebert Electrique, quel particolare suono di basso batteria e chitarra abbastanza incisivo, sempre inframezzato da elementi zappiani e con un sax che attraversa e commenta l’intero brano. Poi improvvisi stop caratterizzati dal synth di Blake e la chitarra di Hillage che risponde alla voce di Allen, quasi contrappuntandola. La ritmica agile e precisa apre poi in un mondo jazz rock, vicino ai Softs o ai Nucleus


Castle In The Clouds è il trionfo di Hillage, con quei suoni di chitarra lunghi, taglienti, cosmici, che diventeranno la sua cifra stilistica. Smyth e lo stesso Hillage firmano la bizzarra Prostitute Poem, con un inizio sognante ed etereo che poi si trasforma in un provocante valzer anni ‘20, contrassegnato dalle consuete aperture orientali con il sax in primo piano. Il finale della prima facciata è anticipato da un breve divertissement alleniano, un buffo canto corale con atmosfera da saloon che introduce una delle più belle composizioni dello stesso Daevid: Selene. E’ un’affascinante melodia, distesa e riposante, illuminata da passaggi cromatici di Hillage e chiusa da vari lamenti di Allen.

L’apertura della seconda facciata è affidata al flauto di Malherbe, alla sua Flute Salad contornata di etnicismi, circondati e doppiati da effetti e synth. Oily Way, dello stesso Malherbe e di Allen, è il solito gioco cromatico che introduce un ritmo incalzante, una batteria jazz rock con intermezzi di soffi spaziali e un ritornello irresistibile cantato da Gilli Smyth, al quale seguono stop, riprese e abbellimenti cromatici. 
Possiamo dire che ci troviamo nel cuore di questo lavoro, nella parte forse più suggestiva e meglio riuscita di Angel’s Egg. Oily Way sfocia in Outer Temple, di Blake e Hillage, una sorta di intermezzo floydiano con un crescendo ed un breve e veloce passaggio jazz che culmina in Inner Temple, dove un Malherbe lirico e intrigante caratterizza la prima parte della composizione di Allen e dello stesso sassofonista. I cambi d’accordo ogni due battute ne fanno poi uno splendido brano modale, con un synth conturbante. In Perculations c’è spazio per il percussionismo di Moerlen, coadiuvato dalla sua compagna Mirelle Bauer, sempre con un occhio all’Art Ensemble Of Chicago e alle loro suite tribali. La marimba introduce Love Is How You Make It, a firma del batterista e di Allen, song  barrettiana che mostra un Moerlen virtuosistico al vibrafono e che si conclude in un crescendo zappiano. I Never Glid Before, di Hillage, è uno dei cavalli di battaglia del gruppo, una cavalcata tratteggiata dal sax alternato agli intermezzi vocali di Allen. Poi, all’improvviso, il lampo della chitarra di Hillage, un assolo sognante e di grande abilità. Il finale in accelerando è dalle parti di We Did It Again dei Soft Machine o Stop This Train (Again Doing It), dal primo disco solista di Kevin Ayers.  


Il disco si conclude con un altro brano di Malherbe, Eat That Phonebook Coda, classico gioco circolare gonghiano con voce e sax all’unisono, intermezzi alla Softs e un finale lento e cabarettistico. Nella versione cd c’è un’idea per una hit single di Daevid Allen, Ooby-Scooby Doomsday Of The D-Day  Dj’s Got the D.D.T. Blues, registrato al Manor il 18 giugno 1973. Un iniziale marcia che poi si trasforma in un classico divertissement molto vicino a Frank Zappa

Angel’s Egg è un disco ben assortito, vario e ricco di idee ben amalgamate e orchestrate, con individualità inserite in un contesto organizzato e ben saldo, sicuro del proprio universo musicale conquistato con inaspettata rapidità. Il secondo capitolo dalla saga è il gioiello perfetto che configura ulteriori scorribande cosmiche e un futuro quantomeno beneaugurante. 
A questo punto Allen inizia subito a lavorare per il terzo capitolo della saga ma, come sempre è accaduto nella storia dei Gong, ritornano temporanei abbandoni e cambi di formazione. Tutto sommato la line up riesce ad essere abbastanza stabile e, per la prima volta, il disco successivo sarà registrato dalla stessa formazione di Angel’s Egg. Comunque, poco prima di una lunga serie di concerti programmati insieme a Kevin Coyne, nell’ottobre del 1973 Pierre Moerlen lascia il gruppo per andare in tour con Les Percussions De Strasbourg e viene rimpiazzato da Rob Tait, mentre Diane Stewart-Bond prende il posto di Gilli Smyth in attesa del secondo figlio. Ma per Daevid Allen Moerlen è fondamentale e quindi, nell’approssimarsi dei lavori per il nuovo disco, con i Gong in concerto a Strasburgo il primo marzo del 1974, l’australiano convince il batterista a tornare. Miquette Giraudy, la compagna di Steve Hillage, prende il posto di Stewart-Bond, in attesa del ritorno di Gilli Smyth

Risolti finalmente i problemi di formazione e tornati a quella che può benissimo definirsi la line up più stabile della propria storia, i Gong si apprestano a lavorare concretamente per il nuovo disco. Su proposta di Hillage decidono di organizzare alcune session per improvvisare collettivamente e poi organizzare il materiale. 
Si trasferiscono a Witney, non lontano dal Manor, e agli inizi di aprile, dopo una decina di giorni di prove, tre dei brani più importanti del nuovo disco sono già pronti: OM Riff che diventa Master Builder, Cycle Gliss che diventa The Isle Of Everywhere e infine A Sprinkling Of Clouds. In più ci sono alcuni contributi  individuali come Perfect Mistery, un vecchio brano degli inizi dei Gong, e A P.H.P.’s Advice, da un pezzo per sole percussioni di Moerlen.  Secondo Mike Howlett “il metodo di composizione adottato per questo disco era piuttosto speciale e non appena un’idea veniva proposta da qualcuno poi veniva assorbita dal collettivo e restituita in una forma molto differente”. Sempre secondo il bassista i riff di basso di A Sprinkling Of Clouds e The Isle Of Everywhere erano ovviamente suoi, mentre quello di Master Builder di Steve Hillage.


Per Tim Blake “il risultato è la prova che alcuni dei migliori pezzi dei Gong nascono dalle nostre differenze. Cycle Glass (The Isle Of Everywhere nel disco) è un perfetto esempio. Didier, come jazzista, si lamentava dell’assenza di cambiamenti armonici in OM Riff (Master Builder nel disco) che Steve e io avevamo sviluppato, mentre Mike e Pierre l’assenza di tempi irregolari, dispari. Così insieme abbiamo creato questo ciclo di moduli ritmici che si susseguono in un movimento a spirale, salendo ad ogni ripetizione di una terza minore, e così via fino alla chiusura del ciclo”.

Da questo punto di vista quindi il bilancio sembra essere positivo, ma non per Daevid. Il nuovo approccio favorisce ed esalta la parte strumentale, rendendo marginale il suo apporto proprio in virtù delle sue non eccelse capacità tecniche e di fatto marginalizzando l’elemento testuale e cantato. 
Uno spostamento, dunque, a favore delle fughe strumentali che altera il magico equilibrio che si era raggiunto con Angel’s Egg, tra virtuosismo e pura creatività, tra canzoni, seppur aliene,  elaborazioni orchestrali e improvvisazioni. 
La cosmogonia di Allen, stretta tra una sezione ritmica di grande precisione e ricca di groove, unita a solisti di grande abilità, con la forte presenza delle ammalianti sonorità del synth, viene posta in secondo piano a favore di uno space rock molto vicino al progressive e al jazz rock.  Mike Howlett non è d’accordo: “l’equilibrio raggiunto su You tra sequenze cantate e strumentali era buono. E’ stato un disco di comunicazioni non verbali”.
Va anche detto che queste nuove, lunghe e dilatate  composizioni, dall’andamento asimmetrico e ricche di momenti solistici divengono parte centrale delle esibizioni live dei Gong, di fatto anticipando le evoluzioni future del gruppo.



Ad aggiungere tensioni all’interno della formazione ci fu anche il problema dell’uso di sostanze stupefacenti. La polizia fece irruzione nella dimora dei Gong a Witney e sequestrò sostanze proibite. Questo fatto accelerò la discussione che si era avviata all’interno del gruppo sulla legittimità o meno dell’uso di droghe. “All’inizio fumare erba e prendere acidi era per noi un passo politico. L’idea di creare un nuovo sistema, dove la gelosia e la cupidigia non avrebbero avuto il loro posto e per raggiungere questo obiettivo dovevamo aprire le nostre menti e andare avanti. Le droghe avrebbero dovuto aiutarci a raggiungere questo obiettivo”, così racconta Gilli Smyth. Dopo aver vietato le sigarette e l’alcol, secondo Gilli sia lei che Daevid e Steve Hillage si erano ormai convinti di dover fare lo stesso con le altre droghe.
Comunque, nella prima parte di maggio Daevid scrive i testi del terzo capitolo dalla saga, in luglio vengono effettuate le registrazioni al Manor e finalmente il 4 ottobre 1974 la Virgin pubblica You.

giovedì 27 febbraio 2020

Radio Gnome Invisible. La Trilogia del Pianeta Gong. Parte 2

Flying Teapot


Registrato dal 2 al 14 gennaio 1973, missaggio effettuato dal 26 febbraio e pubblicato dalla Virgin il 25 maggio (ma per precedenti accordi del gruppo con la BYG di Karakos il disco è edito a doppia etichetta BYG/Virgin), Flying Teapot si apre  con Radio Gnome Invisible, tipico brano a firma Allen, ricco di cromatismi, bizzarre melodie, orientalismi, sassofono decorativo e soffi e gorgheggi stralunati. Da questo punto di vista non troppo lontano da You Can’t Kill Me, brano di apertura del precedente Camembert Electrique. A predominare sono ancora, e lo saranno per gran parte del lavoro, basso, batteria, chitarra, sassofono e voce. Ma il secondo brano invece, Flying Teapot, a firma Allen e Moze, mostra decisi cambiamenti e illumina un percorso che verrà ancor più sviluppato nei  due successivi lavori della trilogia. Si tratta di una tipica fuga strumentale gonghiana, che inizia dalle parti di Echoes dei Pink Floyd di Meddle e poi si sviluppa lungo un classico riff di basso un po’ alla Hugh Hopper, dove si aggiungono i suoni del synth a dare spazialità e evocazione, inserti jazzati di Malherbe e cantilene alleniane, improvvisazioni e strappate alla Zappa, percussionismo alla Art Ensemble Of Chicago. Uno dei capolavori del pianeta Gong, che giustamente sarà parte significativa della loro architettura sonora e del loro repertorio live.


La seconda facciata si apre con The Pot Head Pixies, anche qui passaggi cromatici, basso batteria e chitarra energici e sostenuti dalle decorazioni del sassofono, solito campionario zappiano, un po’ di Captain Beefheart. Non lontani da Camembert Electrique, in questo denotando una certa difficoltà nel passare alle nuove sonorità, anche nell’integrare meglio gli ultimi arrivati come Hillage e Tim Blake, ovviamente ancora troppo nuovi per poter essersi inseriti pienamente.

Il secondo brano, The Octave Doctors & The Crystal Machine, è interamente suonato dal VCS3 di Blake, una sorta di brano ambient non lontano da certe atmosfere del Third dei Soft Machine.
Con Zero The Hero And The Witch’s Spell torniamo alle fughe strumentali, alla psichedelia dilatata, alla piena integrazione e sviluppo dei brani di Allen con le elaborazioni e gli inserimenti strumentali che trasportano l’ascoltatore in dimensioni differenti, tra etnicismi e soffi spaziali, improvvisazioni alternate a inserti cantati e sussurrati, pastiche e ipnotismi, riff e ostinati, assoli e caos organizzati. Da notare la forte somiglianza della parte inziale con Welcome To The Machine dei Pink Floyd di Wish You Were Here, pubblicato due anni dopo.
Il finale, Witch’s Song, I’m Your Pussy, a firma Smyth e Allen è affidato al canto sinuoso e improvvisamente delirante di Gilli che riporta le sonorità ai primi tempi del duo Gong, tra Barrett e Beefheart, accompagnati dal fido Malherbe.


Il primo atto della trilogia si conclude quindi con un lavoro in parte ancora acerbo, diviso com’è tra la vecchia formula tutta bizzarria e nonsense del primo periodo e l’evoluzione verso fughe strumentali e dilatazioni cosmiche già in parte definite. La parte testuale, che in questo caso, come anche nei precedenti lavori, riveste un ruolo importante la analizzeremo successivamente, cercando di definire in modo unitario la/le storia/storie del pianeta Gong attraverso l’intera trilogia.

Come abbiamo visto, le registrazioni di Flying Teapot hanno portato all’implosione del gruppo. Bob Bènamou, il loro manager, dopo tre anni al servizio della band e una grossa quantità di tempo e soldi spesi per lanciare il gruppo, decide di lasciare. Moze, Tritsch, Allan, Houari abbandonano i Gong, e persino Daevid e Gilli decidono di prendersi una delle loro ricorrenti pause tornandosene alle Baleari e occupandosi solo del missaggio del disco. 
A questo punto, di concerto con Gomelski, Didier Malherbe si incarica di continuare l’attività del gruppo sotto un nuovo nome, ParaGong, e di amalgamare i nuovi arrivati Blake e Hillage. Per una serie di circostanze particolari, amici comuni e voglia di mettersi alla prova con un gruppo rock, Pierre Moerlen diventa  il nuovo batterista. Percussionista, vibrafonista, batterista e compositore, Moerlen ha studiato al conservatorio di Strasburgo e ha fatto parte dell’ensemble Les Percussions Des Strasbourg, collaborando inoltre con piccoli gruppi di jazz rock come Hasm Congelateur in compagnia del futuro chitarrista dei Magma Gabriel Federow
All’inizio alquanto indeciso se intraprendere una carriera da percussionista classico o dare seguito alla sua passione per il rock, Moerlen, nonostante la crisi nella quale si dibatte il gruppo, accetta l’invito di partecipare a questo esperimento chiamato ParaGong, in compagnia di Malherbe, Blake, Hillage e del nuovo bassista Didier Thibault, ex Moving Gelatine Plates, gruppo alla Soft Machine, suggerito da Gomelski come sostituto di Francis Moze.


L’attività dei Paragong, fino a fine aprile, sarà inaspettatamente fondamentale per il futuro dei Gong. Lontani dai tormenti creativi di Allen e Smyth, e finalmente stabilizzatisi con una formazione di assoluto valore, i cinque musicisti avranno tutto il tempo di perfezionare la loro intesa, provare i nuovi brani e affinare i live. 
Per Tim Blake in realtà l’esperienza non fu così positiva, con difficoltà a suonare il repertorio dei due dischi sin lì registrati, Camembert Electrique e Flying Teapot, e la mancanza di tempo per comporre nuovi brani. Ma in realtà questa parentesi effettivamente contribuì a costruire in modo definitivo il gruppo Gong e la sua  nuova architettura sonora che poi sarà quella classica al quale sia i fans che i musicisti stessi  faranno riferimento. Resta ancora il tempo per un ulteriore cambio di formazione, con l’arrivo al posto di Thibault, del bassista Mike Howlett, ascoltato a Londra da Allen, e scelto proprio dall’australiano per sostituire Didier Thibault. All’inizio il background funky rock del nuovo bassista si scontra con l’impostazione classica e precisa di Moerlen,  “ma alla fine siamo riusciti a trovare un buon equilibrio tra cuore e cervello, tra emozione e tecnica”, dirà poi Mike.

All’inizio di maggio Daevid e Gilli tornano dalle Baleari e trovano un gruppo ben affiatato, con un suono preciso e anche una serie di nuove idee. Nei concerti live di ParaGong la scaletta era formata da alcune vecchie composizioni, per esempio Why Are We Sleeping di Kevin Ayers o una rielaborazione di Fohat Digs Holes In Space, da Camembert Electrique, ma anche da nuovi brani che poi, con i contributi di Allen e Smyth, faranno parte del secondo lavoro della trilogia: I Never Glid Before, Sold To The Highest Buddha, The Other Side Of The Sky. Secondo Tim Blake a questa lista andrebbero aggiunti anche Inner Temple/Outer Temple e Oily Way. Un bel cd uscito per la GAS nel 1995 testimonia questo breve ma importante periodo dell’attività di ParaGong, Live 73.


Da maggio agli inizi di agosto la nuova formazione a sette dei Gong è impegnata nel tour promozionale di Flying Teapot, con concerti memorabili, brevi set organizzati dall’etichetta Virgin e live divisi a metà con il gruppo tedesco Faust. Dal 3 al 16 agosto presso il Pavillon du Hay, a Voisinesin Francia, la residenza collettiva dei Gong, grazie al Mobile Manor, il nuovissimo studio mobile della Virgin, vengono effettuate le sessioni di registrazione per il nuovo disco.  Mike Howlett, il nuovo bassista, racconta che venne registrata la sezione ritmica, cioè lui, Hillage e Moerlen, al piano terra, nella sala prove, Daevid Allen era invece nel piano di sopra, la sala meditazione, mentre Gilli, Malherbe e Tim Blake erano collocati in diversi punti della foresta circostante. 

Prima session dello studio Mobile Manor e tra i primi lavori in Europa ad essere registrati con un 24 piste, la registrazione fu condotta questa volta con assoluta efficacia da Simon Heyworth, coadiuvato da Daevid Allen. Su disco viene accreditato in qualità di produttore Giorgio Gomelski, ma secondo Mike quest’ultimo si presentò solo durante il missaggio, iniziato il 18 settembre 1973 al Manor. In realtà i produttori furono effettivamente Simon e Daevid, come confermò successivamente lo stesso Gomelski: “il rapporto molto efficace tra Simon e Daevid mi spinse a lasciare la produzione nelle mani di Simon”.

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