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lunedì 29 aprile 2019

Musica 80

Tra le tante riviste musicali uscite negli ultimi 40 anni ce n'è una che è realmente passata sotto silenzio, subendo l'onta della scomparsa dai ricordi degli appassionati. 



Musica 80, questo è il nome del mensile che durò poco più di un anno, dal febbraio 1980 all'aprile dell'81. Un'intervista a John Lydon, un servizio di 8 pagine sull'Improvisers Symposium tenutosi a Pisa con interventi di  Derek Bailey, Paul Lovens e Barry Guy tra gli altri, i testi tradotti in italiano del primo disco degli X di Los Angeles, un articolo sui Throbbing Gristle con intervista a Genesis P. Orridge... questi erano i contenuti di uno dei primi numeri della rivista. Letti oggi sembrano fantascienza, o un sogno destinato ad esaurirsi velocemente. Eppure questa rivista è uscita nelle edicole, anche se non per molto.


Non voglio fare il retromane, oppure rimpiangere i bei tempi passati ma riflettere brevemente sul significato di tale esperienza, vissuta peraltro da semplice lettore. 
E' chiaro che i tempi sono radicalmente cambiati e con internet il ruolo della stampa è mutato, ma ritengo abbia ancora un'importanza vitale per l'informazione e, soprattutto, la controinformazione. Devo dire che sfogliando in questi giorni Musica 80 mi sembra risenta poco del tempo passato, anzi penso che tuttora potrebbe essere benissimo in grado di lasciarsi leggere con curiosità e interesse. Perché?
Alcune questioni mi sembrano fondamentali: l'approfondimento, la riflessione, la lettura di vicende da punti di visti inusuali e/o alternativi, l'interrogazione di avvenimenti sotto diverse chiavi di lettura. Sono elementi che hanno una validità ancor più pronunciata in questi tempi, dove la capacità di attenzione è nettamente diminuita. E, a differenza delle tante fonti che ci balzano agli occhi durante le nostre ricerche, possiedono un filtro e una autorevolezza che è data dalla rivista stessa, dai suoi redattori e collaboratori. 
L'altro aspetto importante è la ricerca a tutto campo, l'investigazione che non conosce barriere e stili, scene o generi prestabiliti. Un indagine che rimescola e produce informazione profonda, a volte anche scanzonata, che non vive sulle scelte stilistiche ovvie e scontate ma approfondisce e scava dentro e fuori le etichette. 
La rivista riuscì a cogliere gli stimoli nuovi che provenivano dal post punk e dalla new wave e a coniugarli con le aree sperimentali e di ricerca, con la scena impro e persino con le storie classiche del rock. Il tutto senza pregiudizi e cercando di stimolare la curiosità del lettore, di indurlo a sperimentare egli stesso un ascolto differente.
Al di là di qualche ingenuità o di articoli non sempre così ben calibrati, Musica 80 aveva anche quell'attenzione all'aspetto grafico che di lì a poco sarebbe diventato così importante, spesso a scapito dei contenuti.  
Ma alla fine durò poco, e bisognerebbe interrogarci anche sul perché questo esperimento ebbe vita breve. Una motivazione può essere proprio la scaltrezza e la difficoltà ad essere inserita in un genere preciso. Non propriamente e solamente rock, né jazz, né folk, né punk.
Insomma, quello che pensiamo sia un punto di forza probabilmente è la principale ragione della sua fine, soprattutto in presenza di un mercato che vuole certezze e scelte di campo. Una platea che corre al riparo di confini estetici ed è spaventata dalle sfumature o dai rumori di fondo, dalle eresie e dalle devianze. 
Anche l'eccessivo intellettualismo, soprattutto in un periodo come quello degli inizi 80, può aver determinato in maniera significativa la fine precoce della rivista. 
In ogni caso non sarebbe male condurre una ricerca sulla storia delle riviste musicali in Italia, provando a tratteggiare attraverso di esse le vicende, gli usi e costumi dei giovani nella storia italiana dal dopoguerra ad oggi. Soprattutto perché alcuni elementi che hanno determinato la crisi e la fine di alcune prestigiose riviste, tra le quali appunto Musica 80, sembrano comunque persistere e anzi accentuarsi sempre più.
Ma probabilmente già è stata fatta....o no?


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