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mercoledì 26 agosto 2020

I paesaggi sonori di Nils Petter Molvaer

Seguo, anche se discontinuamente, Nils Petter Molvaer dal 1997, anno del suo esordio discografico solista con Khmer, edito dalla ECM. E che ritengo tuttora il suo disco migliore, tanto per mettere subito in chiaro le cose. Trombettista norvegese, dal suono caldo e spesso filtrato elettronicamente, Molvaer è sicuramente figlio del Davis di fine carriera, con quell'accenno di note che ampliano e dilatano lo spazio sonoro. Anzi, possiamo dire che l'estetica di Molvaer sia una versione omeopatica di Miles Davis, dove le tracce del grande jazzista sono diluite in dosi infinitesimali pur contenendo in sé evidentissimi residui  della materia originale. 



La musica di Molvaer è veramente fatta di poche note, frammenti di scale e singoli suoni che viaggiano nel tempo, circondati e intrisi di elettronica ma con un forte respiro umano. Khmer, da questo punto di vista, è illuminante per il suo mirabile equilibrio e la bellezza di struggenti melodie irrobustite da scariche elettriche. Tuttavia lo stile del trombettista norvegese, così essenziale, stringato, minimalista, può correre il rischio di ripetersi, di sfiorare il già sentito, l'ovvietà di suoni e melodie abusate. Ed è per questo, forse, che Molvaer è un abile ricercatore di diversi paesaggi sonori, instancabile nel voler cambiare incessantemente il contorno della sua poetica. 


Così lo vediamo passare dalle sonorità elettroniche e trance, al dub con Sly & Robbie, dalla collaborazione con il multistrumentista tedesco e produttore techno Moritz Von Oswald, ai groove di Manu Katchè o al world jazz con il percussionista Mino Cinelu. Senza disdegnare i madrigali delle Nordic Voices con musiche composte da Bjorn Bolstad Skjelberg, gli incontri con la percussionista Marilyn Mazur, le lunghe frequentazioni con Bill Laswell o con il suo fidato chitarrista dall'impatto rock Edwin Aarset. Ma l'elenco è ancora più lungo, a dimostrazione di una grande versatilità di Molvaer
Ma come si traduce questo continuo intreccio di diverse sonorità e ambientazioni musicali con l'estetica minimale del trombettista? Sembra che Molvaer abbia la grande capacità di modificare il senso profondo dei diversi contorni nei quali partecipa o ne è l'artefice, quasi che quel suo suono ammanti di malinconie e sospiri tutto ciò con cui entra in contatto. Talmente forte il  tocco, la mano, da modificare il paesaggio sonoro con semplici pennellate. E alla fine ogni progetto nel quale Nils Petter Molvaer è presente porta inconfondibili tracce di quel sound così caratteristico prodotto dalla sua tromba. Un'estetica assolutamente non basata sul virtuosismo ma sul suono, sul respiro e sullo spazio. Un pittore dai gesti essenziali, intensi.  





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