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martedì 14 giugno 2022

Recensioni. Free "Fire And Water"

                                       Free                   

FIRE AND WATER
Island 1970



Il successo e contemporaneamente l’inizio della fine, tutto nello stesso disco e nello stesso brano. All Right Now, basta questo per identificare immediatamente i Free, un gruppo che avrebbe potuto dire molto di più di quanto poi abbia fatto. 

Fire And Water è il loro terzo disco ed è quello della consacrazione a band di assoluto valore. Un rock blues energico, vibrante, una voce sporca e nera, una chitarra artefice di micidiali riff e assoli lineari, una ritmica potente con una speciale menzione ad un grande bassista purtroppo sottovalutato, Andy Fraser.   Paul Rodgers voce, Paul Kossof chitarra, il già citato Andy Fraser al basso e Simon Kirke alla batteria allestiscono un signor disco, dopo i due precedenti nei quali avevano preso le misure, e soprattutto scrivono una delle più belle hit della storia del rock, quella All Right Now che li porta in cima alle classifiche di tutto il mondo. Ma Fire And Water è un gioiello di equilibrio,  con una Mr Big che mostra un Fraser in grande forma, uno degli assoli di basso più belli mai ascoltati, e una commovente e colorata di soul Heavy Load, dove la voce di Rodgers si muove sinuosa sul suggestivo movimento armonico in minore. 

L’apertura, affidata alla title track, è sanguigna e compatta, con l’energica chitarra di Kossof a forti venature blues, mentre nel finale la batteria tribale di Kirke viene lasciata in solitudine, sfumata. La chiusura del disco è affidata al brano che più di ogni altro identifica i Free, quel riff micidiale che ti entra in testa e non esce più, quella All Right Now che sarà il tratto distintivo del gruppo per sempre. Dopo qualche mese verrà Highway, poi un temporaneo scioglimento, un bel disco live (Free Live) e una mesta conclusione con Free At Last. Ma la magia di Fire And Water non tornerà più e quel territorio musicale tra Cream e Led Zeppelin rimarrà, purtroppo, sguarnito.


pop

mercoledì 8 giugno 2022

Lettere al Direttore (7)




Caro Direttore,

Nel mio peregrinare mentalmente per i fatti e le cose della vita, spesso mi soffermo ad osservare il buffo e il grottesco del nostro modus vivendi.

Per esempio, lei ha mai riflettuto sul fatto che abbiamo molti più ristoratori che dottori? Mi dirà che questo è segno di una vita allegra e spensierata. Dubito fortemente che sia così, soprattutto in questo periodo di pandemie. Ma di bizzarrie causate dal consumismo che sorregge ogni nostro gesto ne potremmo citare a migliaia, magari mettendoci nei panni di un extraterrestre in visita sul nostro pianeta per la prima volta, ignaro dei nostri usi e consumi.

Osservarci con gli occhi e la mente completamente sgombri dalle consuetudini e dal vissuto è certe volte assai stimolante perché illumina azioni e oggetti che diamo per scontati, ormai assuefatti all’esistente.

Devo dirle, a questo proposito, che fra tutte le bizzarrie che ho rilevato durante questo esercizio mentale, ce n’è una che mi sembra tra le più assurde: la vendita, e il conseguente acquisto spesso a caro prezzo, di pantaloni jeans strappati, con l’aspetto già logoro.

Sono stati, negli anni Settanta, uno dei simboli della contestazione, del rifiuto di una società perbenista, una sorta di protesta contro il consumismo. Ebbene, proprio questo simbolo è stato completamente rovesciato, sussunto dal mercato e reso non solo innocuo ma, di più, oggetto esso stesso di consumo. Questo capitalismo predatorio e allo stesso tempo futile è riuscito a rendere appetibile l’acquisto di pantaloni strappati, con i buchi, lisi, dall’aspetto vissuto ma falso. Ci ha reso persino incapaci di “usare” i nostri vestiti, di consumarli noi stessi. Fenomenale e, a suo modo, un emblema delle nostre società.   

Sono sicuro che anche lei, Direttore, sarà d’accordo con me nel deprecare la follia di un tale sistema che, giorno dopo giorno, ci sta portando verso l’estinzione. Tutta colpa di un paio di jeans strappati? Forse…

La saluto cordialmente

Edmondo Fabbri

Suo assiduo Lettore 

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