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martedì 13 ottobre 2020

La materia viva

Dopo averlo sfiorato varie volte, mancato per un soffio o perso all'ultimo istante, sono riuscito finalmente a vedere Richard Sinclair in concerto dal vivo.

Bassista, chitarrista, cantante, autore, membro dei Caravan e prima ancora dei Wilde Flowers, poi con Hatfield And The North, Camel, oltre a svariate collaborazioni sempre tra Canterbury e dintorni, Sinclair di quella scena musicale è stato uno dei protagonisti, avendo contribuito negli anni a segnarne le coordinate artistiche. Di più, la sua voce, il suono del basso, le sue composizioni rappresentano forse il nucleo centrale della musica canterburiana, l'essenza stessa. Ma questo è un discorso che necessita di approfondimenti e analisi che non è il caso di trattare, per ora, su questo blog.

Interessante, invece, è stato scoprire come quella musica, nelle mani e nella voce di un Sinclair ormai in là con gli anni e in solitudine (ma accompagnato comunque da un bravo Gianluca Milanese al flauto), fosse ancora viva, pulsante e...inaspettata. Ricchezza armonica, progressioni di stampo jazzistico e  sommovimenti ritmici hanno reso le versioni di Share It, Keep On Caring, Disassociation, If I Could Do It All Over Again...ancora fresche e sorprendenti, pur in una dimensione intimista. E hanno mostrato anche le notevoli capacità strumentali e interpretative di Sinclair. Sembrava musica scritta ora, assolutamente priva delle incrostazioni e della pesantezza che tanta musica degli anni '70 porta con se. Ma tutto questo è frutto di un approccio creativo alla composizione, movimentato, ironico. E attraversato in lungo e largo da un impeto improvvisativo che ha reso per l'appunto viva la materia. Dove improvvisazione significa dare forme nuove alle composizioni, mutarle e reinterpretarle in un continuo rigenerarsi. Cosa che a Sinclair riesce benissimo.


Un'ultima annotazione, diciamo così, tecnica, che riguarda la differenza delle musiche autenticamente canterburiane da quelle classicamente progressive rock. In questa versione scarna e solitaria si può meglio osservare come i brani, in questo caso di Richard Sinclair ma il discorso vale per l'appunto per il resto della scena di Canterbury, siano composti e attraversati da armonie di stampo jazzistico, i famosi accordi di undicesima e tredicesima che Dave Stewart, tastierista tra gli altri degli Hatfield And The North e dei National Health, affermava essere una delle caratteristiche della musica di Canterbury. Questo tipo di accordi ammorbidisce le atmosfere e le espande, dandogli un senso di leggerezza, in contrasto con la durezza e l'ampollosità dovute all'uso massiccio di triadi in ambito Prog. Ancora, questa ricchezza armonica favorisce, per l'appunto, un approccio improvvisativo costante e permette una malleabilità non certo così comune nel rock. Se a questo aggiungiamo il disincanto, il gioco, l'ironia diffusa che stempera anche le situazioni più seriose e formali, quasi dissacrandole, beh potremmo forse dire di aver scoperto la formula segreta della musica di Canterbury. 

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