Flying Teapot
Registrato dal 2 al 14 gennaio
1973, missaggio effettuato dal 26 febbraio e pubblicato dalla Virgin il 25
maggio (ma per precedenti accordi del gruppo con la BYG di Karakos il disco è edito a doppia etichetta BYG/Virgin), Flying Teapot si apre con Radio
Gnome Invisible, tipico brano a firma Allen,
ricco di cromatismi, bizzarre melodie, orientalismi, sassofono decorativo e
soffi e gorgheggi stralunati. Da questo punto di vista non troppo lontano da You Can’t Kill Me, brano di apertura del
precedente Camembert Electrique. A
predominare sono ancora, e lo saranno per gran parte del lavoro, basso,
batteria, chitarra, sassofono e voce. Ma il secondo brano invece, Flying Teapot, a firma Allen e Moze, mostra decisi cambiamenti e illumina un percorso che verrà
ancor più sviluppato nei due successivi
lavori della trilogia. Si tratta di una tipica fuga strumentale gonghiana, che
inizia dalle parti di Echoes dei Pink Floyd di Meddle e poi si sviluppa lungo un classico riff di basso un po’
alla Hugh Hopper, dove si aggiungono
i suoni del synth a dare spazialità e evocazione, inserti jazzati di Malherbe e cantilene alleniane,
improvvisazioni e strappate alla Zappa,
percussionismo alla Art Ensemble Of
Chicago. Uno dei capolavori del pianeta Gong, che giustamente sarà parte significativa della loro
architettura sonora e del loro repertorio live.
La seconda facciata si apre con The Pot Head Pixies, anche qui passaggi
cromatici, basso batteria e chitarra energici e sostenuti dalle decorazioni del
sassofono, solito campionario zappiano, un po’ di Captain Beefheart. Non
lontani da Camembert Electrique, in
questo denotando una certa difficoltà nel passare alle nuove sonorità, anche
nell’integrare meglio gli ultimi arrivati come Hillage e Tim Blake,
ovviamente ancora troppo nuovi per poter essersi inseriti pienamente.
Il secondo brano, The Octave Doctors & The Crystal Machine,
è interamente suonato dal VCS3 di Blake,
una sorta di brano ambient non lontano da certe atmosfere del Third dei Soft Machine.
Con Zero The Hero And The Witch’s Spell torniamo alle fughe
strumentali, alla psichedelia dilatata, alla piena integrazione e sviluppo dei
brani di Allen con le elaborazioni e gli inserimenti strumentali che trasportano
l’ascoltatore in dimensioni differenti, tra etnicismi e soffi spaziali,
improvvisazioni alternate a inserti cantati e sussurrati, pastiche e ipnotismi,
riff e ostinati, assoli e caos organizzati. Da notare la forte somiglianza
della parte inziale con Welcome To The
Machine dei Pink Floyd di Wish You Were Here, pubblicato due anni
dopo.
Il finale, Witch’s Song, I’m Your Pussy, a firma Smyth e Allen è affidato
al canto sinuoso e improvvisamente delirante di Gilli che riporta le sonorità ai primi tempi del duo Gong, tra Barrett e Beefheart,
accompagnati dal fido Malherbe.
Il primo atto della trilogia si
conclude quindi con un lavoro in parte ancora acerbo, diviso com’è tra la
vecchia formula tutta bizzarria e nonsense del primo periodo e l’evoluzione
verso fughe strumentali e dilatazioni cosmiche già in parte definite. La parte
testuale, che in questo caso, come anche nei precedenti lavori, riveste un ruolo
importante la analizzeremo successivamente, cercando di definire in modo
unitario la/le storia/storie del pianeta Gong
attraverso l’intera trilogia.
Come abbiamo visto, le
registrazioni di Flying Teapot hanno
portato all’implosione del gruppo. Bob
Bènamou, il loro manager, dopo tre
anni al servizio della band e una grossa quantità di tempo e soldi spesi per
lanciare il gruppo, decide di lasciare. Moze,
Tritsch, Allan, Houari abbandonano i Gong, e persino Daevid e Gilli decidono
di prendersi una delle loro ricorrenti pause tornandosene alle Baleari e
occupandosi solo del missaggio del disco.
A questo punto, di concerto con Gomelski, Didier Malherbe si incarica di continuare l’attività del gruppo
sotto un nuovo nome, ParaGong, e di
amalgamare i nuovi arrivati Blake e Hillage. Per una serie di circostanze
particolari, amici comuni e voglia di mettersi alla prova con un gruppo rock, Pierre Moerlen diventa il nuovo batterista. Percussionista,
vibrafonista, batterista e compositore, Moerlen
ha studiato al conservatorio di Strasburgo e ha fatto parte dell’ensemble Les Percussions Des Strasbourg, collaborando inoltre con
piccoli gruppi di jazz rock come Hasm
Congelateur in compagnia del futuro chitarrista dei Magma Gabriel Federow.
All’inizio alquanto indeciso se intraprendere una carriera da percussionista
classico o dare seguito alla sua passione per il rock, Moerlen, nonostante la crisi nella quale si dibatte il gruppo,
accetta l’invito di partecipare a questo esperimento chiamato ParaGong, in compagnia di Malherbe, Blake, Hillage e del
nuovo bassista Didier Thibault, ex Moving Gelatine Plates, gruppo alla Soft Machine, suggerito da Gomelski come sostituto di Francis Moze.
L’attività dei Paragong, fino a fine aprile, sarà
inaspettatamente fondamentale per il futuro dei Gong. Lontani dai tormenti creativi di Allen e Smyth, e
finalmente stabilizzatisi con una formazione di assoluto valore, i cinque
musicisti avranno tutto il tempo di perfezionare la loro intesa, provare i
nuovi brani e affinare i live.
Per Tim
Blake in realtà l’esperienza non fu così positiva, con difficoltà a suonare
il repertorio dei due dischi sin lì registrati, Camembert Electrique e Flying
Teapot, e la mancanza di tempo per comporre nuovi brani. Ma in realtà
questa parentesi effettivamente contribuì a costruire in modo definitivo il
gruppo Gong e la sua nuova architettura sonora che poi sarà quella
classica al quale sia i fans che i musicisti stessi faranno riferimento. Resta ancora il tempo
per un ulteriore cambio di formazione, con l’arrivo al posto di Thibault, del bassista Mike Howlett, ascoltato a Londra da Allen, e scelto proprio
dall’australiano per sostituire Didier
Thibault. All’inizio il background funky rock del nuovo bassista si scontra
con l’impostazione classica e precisa di Moerlen, “ma alla fine siamo riusciti a trovare un
buon equilibrio tra cuore e cervello, tra emozione e tecnica”, dirà poi Mike.
All’inizio di maggio Daevid e Gilli tornano dalle Baleari e trovano un gruppo ben affiatato, con
un suono preciso e anche una serie di nuove idee. Nei concerti live di ParaGong la scaletta era formata da
alcune vecchie composizioni, per esempio Why
Are We Sleeping di Kevin Ayers o
una rielaborazione di Fohat Digs Holes In Space, da Camembert Electrique, ma anche da nuovi brani che poi, con i
contributi di Allen e Smyth, faranno parte del secondo lavoro
della trilogia: I Never Glid Before, Sold To The Highest Buddha, The Other
Side Of The Sky. Secondo Tim Blake
a questa lista andrebbero aggiunti anche Inner
Temple/Outer Temple e Oily Way. Un bel
cd uscito per la GAS nel 1995 testimonia questo breve ma importante periodo
dell’attività di ParaGong, Live 73.
Da maggio agli inizi di agosto la
nuova formazione a sette dei Gong è
impegnata nel tour promozionale di Flying
Teapot, con concerti memorabili, brevi set organizzati dall’etichetta
Virgin e live divisi a metà con il gruppo tedesco Faust. Dal 3 al 16 agosto presso il Pavillon du Hay, a Voisinesin
Francia, la residenza collettiva dei Gong,
grazie al Mobile Manor, il nuovissimo studio mobile della Virgin, vengono
effettuate le sessioni di registrazione per il nuovo disco. Mike
Howlett, il nuovo bassista, racconta che venne registrata la sezione
ritmica, cioè lui, Hillage e Moerlen, al piano terra, nella sala
prove, Daevid Allen era invece nel
piano di sopra, la sala meditazione, mentre Gilli, Malherbe e Tim Blake erano collocati in diversi
punti della foresta circostante.
Prima session dello studio Mobile Manor e tra
i primi lavori in Europa ad essere registrati con un 24 piste, la registrazione
fu condotta questa volta con assoluta efficacia da Simon Heyworth,
coadiuvato da Daevid Allen. Su disco
viene accreditato in qualità di produttore Giorgio
Gomelski, ma secondo Mike quest’ultimo si presentò solo
durante il missaggio, iniziato il 18 settembre 1973 al Manor. In realtà i
produttori furono effettivamente Simon
e Daevid, come confermò successivamente
lo stesso Gomelski: “il rapporto
molto efficace tra Simon e Daevid mi spinse a lasciare la
produzione nelle mani di Simon”.
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