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lunedì 18 marzo 2019

Inventare l’ignoto

Prendo a prestito dal libro uscito in questi giorni per le edizioni Alegre, scritti di Marx ed Engels sulla Comune di Parigi, questo bel titolo per il primo post!
Da una parte è un omaggio a due grandi pensatori, ad un’ottima casa editrice e ad un evento che seppur di breve durata seppe influenzare, ispirare  e scaldare i cuori di milioni di persone. Dall’altra mi sembra invece sia una perfetta definizione di ciò che può essere l’improvvisazione musicale. E non solo, direi.
Inventare l’ignoto, delineare nuovi paesaggi ed orizzonti, costruire inedite melodie, stupire l’altro, provare l’inaudito. 
Come ci muoviamo quando improvvisiamo, che tipo di scelte operiamo quando proviamo ad esplorare sentieri sconosciuti, insomma, che cosa succede nelle nostre menti, e anche nei nostri corpi, quando decidiamo di improvvisare. 
È quello che si è provato a delineare ed analizzare, sia da un punto di vista musicale che da quello più propriamente scientifico, nell’ambito di una conferenza che si è svolta venerdì 15 marzo presso le terme di Tivoli. 

 

In post successivi proverò a raccontare le impressioni e le profonde riflessioni che gli interventi hanno suscitato. 
Ora mi interessa solo collegare, in modo quasi ironico ma non del tutto fuori luogo, l’ignoto delle nostre improvvisazioni, le battaglie per un’orizzontalità della musica e una sorta di liberazione da fastidiose dittature virtuosistiche e tecniciste, con le lotte per un mondo migliore, per una società nuova e ignota, per l’appunto, una società ed un mondo senza sfruttamenti né ingiustizie. 
Addirittura?  Ma sì, lasciamoci un po’ cullare dalle utopie, dai sogni e dagli orizzonti. È questo che manca nel mondo d’oggi. Una sana improvvisazione libera in un mondo socialista, cos' altro?
Vi garantisco che proverò ad essere più pop nei post futuri.
Per rimanere in ambito utopistico, chiudo consigliandovi la lettura di un bellissimo libro di tanti anni fa. An ambiguous utopia di Ursula K. Le Guin, I reietti dell’altro pianeta in italiano.
Un abbraccio!
pop 

1 commento:

  1. L'esperienza di improlab apre veramente nuovi orizzonti da perlustrare, musicali e non e più propriamente attinge ed elabora elementi dello "spirito" di ognuno di noi. Ci fa sempre mettere in gioco utilizzando consciamente (più o meno) gli insegnamenti (tavolozza dei colori) mentre ineluttabilmente l'inconscio si inserisce "così come siamo".
    Il mix più o meno ordinato di questi elementi rappresenta comunque il nostro pensiero divergente che prende sempre più forma. L'obiettivo è che questo cresca in termini di originalità e densità del messaggio insieme a quel quid di consapevolezza utile a sostenere la nostra performance, personale e collettiva, quest'ultima sempre più affiatata.
    Fino qui la fantastica esperienza di improlab!!!! Daje, daje, daje!!!
    Ci sono molte teorie sul pensiero divergente e sulla creatività intesa come ricerca di altre strade, quanto più lontane dalle convenzioni che in ogni caso ci influenzano. Secondo me il pensiero divergente è sicuramente anarchico, ma nella sua esplicazione deve essere compreso. E’ unico e dovrebbe essere sempre pronto al cambiamento per correre avanti al rischio di omologazione.....inevitabilmente la convenzione si nasconde anche nella pratica di ogni forma d'arte cosiddetta alternativa, quindi anche nella musica.

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