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venerdì 25 marzo 2022

Lettere al Direttore (1)

 



Caro Direttore,

mi premetta di rivolgermi a lei in questo modo così confidenziale, anche se non ci conosciamo. O meglio, lei sicuramente non sa nulla di me, al contrario io credo di conoscere qualcosa di lei, perlomeno il suo pubblico pensiero, da suo assiduo lettore quale sono. Le scrivo in questi momenti certo drammatici del nostro tempo, con guerre e pandemie che tormentano i nostri animi (e i nostri corpi) e non le nascondo di avere un pizzico di nostalgia di epoche lontane, non tanto per la gioventù ormai perduta quanto per la nitidezza degli accadimenti passati, la possibilità di avere più certezze, maggiori convinzioni di quante ne abbia ora. Ma probabilmente è solo il corso degli anni che porta ad un continuo interrogarsi, mettere in dubbio, cercare argomenti, risposte e domande alle questioni in atto, provando a rintracciare le motivazioni e le ragioni altrui. 

Vede Direttore, non che io non abbia convinzioni, anzi: ma in questi ultimi anni tento disperatamente di aderire appieno ad esse, cercandone ragioni profonde che me ne diano la legittimità, e non ci riesco. Anzi, sempre più provo forme di disagio di fronte alle scelte di campo nette, senza sconti. Non so, è come se rintracciassi nelle opinioni a me avverse piccole verità che riconosco legittime, con un senso di fondatezza. Credo, caro Direttore, che le sfumature e le dialettizzazioni siano molto più importanti ora che in passato. Ma questa nostra società sembra invece favorire le scelte di campo assolute e l’arruolamento nei rispettivi schieramenti. Chi tenta di argomentare viene sommerso dalle facili risposte, dai semplici commenti e dalle narrazioni spesso superficiali, ma alquanto efficaci da portare avanti. 

Una guerra non può non essere avversata, e ne ho avversate tante in passato. Eppure, mi sembra importante cercarne le ragioni, anche se folli o totalmente sbagliate. Trovo indispensabile tentare di capire le motivazioni, i perché di azioni che non condivido assolutamente, ma che penso non nascano da insensatezza o pazzia. E quant’anche possano sembrare tali, è importante trovarne comunque le possibili cause, almeno per evitare che si ripetano. Ciononostante, questi tentativi di ragionamento sembrano perdenti, arrendevoli di fronte alle tragedie della storia, e appaiono come futili distinguo per placare le mie diffidenze rispetto alle narrazioni di parte. Ma non trovo altra via che quella di soppesare, ragionare, comprendere, condannare certo, per provare a far tacere le armi, rimuovere dal consesso umano lo strumento della guerra che non porta certo soluzioni, semmai acuisce i mali, con lugubre corredo di morti innocenti. La finisco qui, per ora, sperando di non averle recato troppo disturbo. Se mi permette, come chiosa finale, vorrei dirle che ho anche nostalgia di quelle lettere al Direttore di tanti anni fa, di quell’epistolario che mostrava i sentimenti e le idee del semplice lettore di fronte ad una figura rispettabile come quella di un onesto e preparato direttore di un giornale. Rispetto alla cagnara dei commenti social, quella ponderatezza, quel bizzarro mix di pubblico e privato appaiono una sorta di luogo fantastico, certo di altri tempi. E di altri modi.

Cordiali Saluti

Edmondo Fabbri, il suo assiduo Lettore

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