Direttore,
le scrivo così di getto, quasi di soprassalto, come per un’esigenza di liberazione. Mi trovo in strada, seduto ad un bar sotto un bel sole, caldo ma allo stesso tempo rinfrescante. Pur con tutto il piacere che questa momentanea dimensione mi provoca, le idee smuovono i miei sentimenti, acutamente. Non posso non riflettere sull’inconsistenza di un autentico pensiero progressista, rivoluzionario, utopista, e quindi sull’assenza pressoché totale di un protagonismo degli sfruttati, imbrigliati e imbrogliati sempre più in discorsi e rivendicazioni nazionaliste, regressive, collaterali al Mercato. E’, questa assenza, motivo del mio pessimismo e, in un quadro generale, causa del nostro scontento e dei pericoli che corriamo in questo momento. Ma la tristezza si acuisce quando vedo sparuti rimasugli di quella che un tempo fu una grande forza di emancipazione, prendere le mosse di volta in volta di questo o quel personaggio, provocando nei fatti una sorta di tifo del nemico del mio nemico. È proprio questo agire che mostra la subalternità ai discorsi dominanti, alle azioni e alle dinamiche del Capitale, senza una reale possibilità di poter incidere sui nostri destini e sul futuro del pianeta. Si tenta di rispondere all’abbandono degli ideali di cambiamento compiuto da una larga parte della sinistra storica, ormai pienamente inserita nell’ambito dell’esistente, con riflessi condizionati del passato, ricercando di volta in volta presunti alleati che in realtà non sono altro che diverse facce della stessa medaglia.
Servirebbe invece un’altra
voce, un altro punto di vista, altre idee che provino a sovvertire realmente l’esistente.
Invece di essere rinchiusi nella morsa degli eventi dovremmo cercare di
disinnescarla, quella morsa, per poter liberare l’umanità dallo scempio dell’esistente,
del pensiero unico, del realismo capitalista.
La finisco qui, dopo averla certamente importunata più
del solito, e conscio della mia inettitudine e del mio velleitarismo. Tutto
sommato anche io sono prodotto e causa della nostra inconsistenza, del nostro
marginalismo. Ma non mi tolga, almeno lei, la soddisfazione di poter esprimere le
mie inquietudini e i miei sfoghi. Tutt’altro che produttivi, lo ammetto.
Cordiali Saluti
Edmondo Fabbri, suo assiduo Lettore
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