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giovedì 7 aprile 2022

Recensioni. Gong "Magick Brother"

 



Gong

MAGICK BROTHER

BYG 1970

È il primo album a nome Gong, ma effettivamente possiamo definirlo un disco di Daevid Allen e Gilli Smith. Bloccato alla frontiera tra Francia e Gran Bretagna a causa del permesso di lavoro scaduto e quindi fuori dai Soft Machine, Daevid si stabilisce a Parigi dove l’atmosfera di rivolta e creatività che attraversa la capitale francese nella seconda metà degli anni '60 lo porta a sperimentare e a mettere in musica le sue idee. Con a fianco la sua compagna di vita Gilli Smith, inizia a frequentare la rive gauche parigina come artista solista e come duo, fino ad utilizzare, lentamente, la sigla Gong, un nome che gli era apparso nelle sue frequenti visioni durante le residenze a Deya, nelle Baleari. Notati persino da Yoko Ono e Don CherryDaevid Allen e Gilli Smith, nella loro prima ed acerba incarnazione a nome Gong, iniziano a farsi un nome nell’ambiente parigino e così Jean Karakos, il proprietario della BYG, etichetta francese che già pubblicava i lavori dell’Art Ensemble Of Chicago, propone ad Allen un contratto per registrare tre album a suo nome.  L’ensemble che registra Magick Brother vede la presenza di Didier Malherbe al sax soprano e al flauto e Rachid Houri alle tabla e alla batteria, entrambi protagonisti nelle successive edizioni dei Gong. Ma anche veri e propri jazzisti come Barre Philips al contrabbasso e Earl Freeman al piano, tutti e due facenti parte di quell’area sperimentale del jazz, tra free e improvvisazione libera. Il disco è ricco di idee e spunti che poi saranno più compiutamente elaborati quando Daevid avrà intorno a sé una vera e propria band. Si passa dalla sinuosa e moderatamente cosmica Rational Anthem, con un inaspettato finale, alle sperimentali e surreali atmosfere di Princess DreamingGlad To Sad To Say è riflessiva, dall’incedere lento ed etereo, mentre Ego ricorda i primi Soft Machine, bizzarri e dadaisti. In generale tutto il lavoro è permeato dalle sonorità e dalle atmosfere psichedeliche alla Syd Barrett, con in aggiunta l’esplosiva creatività di un Allen che compone, canta e suona in modo totalmente libero, scanzonato, allegro. Ultima nota: Gong Song preannuncia la mitologia del pianeta Gong, i suoi Pot Head Pixies e le fantastiche avventure di Zero The Hero, l’ultimo vero e ineguagliato freak della storia del rock.  


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