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venerdì 15 aprile 2022

Recensioni. Robert Wyatt "The End Of An Ear"

 


Robert Wyatt

THE END OF AN EAR

CBS 1970

Disco d’esordio della carriera solista di Robert Wyatt, THE END OF AN EAR è un lavoro complesso, ardito, sperimentale. Dopo le tensioni dovute alle registrazioni di THIRD dei Soft MachineWyatt decide di voler registrare un suo disco dando spazio alle suggestioni ricevute dalle sue numerose frequentazioni con musicisti di estrazione jazzistica. In realtà qui il jazz è fonte di ispirazione ma l’approccio è totalmente libero da cliché e confini prestabiliti. 

Significativi sono i musicisti che partecipano alla registrazione: Elton Dean al saxello, Marc Charig alla cornetta e Neville Whitehead al contrabbasso, esponenti della scena jazz inglese e assidui frequentatori di gruppi prog, Soft Machine e King Crimson tra gli altri. Poi David Sinclair all’organo, membro dei Caravan e uno dei musicisti cardine della scena canterburiana, il fratellastro di Robert, Mark Ellidge, al piano e Cyril Ayers alle percussioni.  Il disco si apre  con una composizione di Gil Evans, Las Vegas Tango Part One (Repeat), ovviamente totalmente rivisitata, ricca di effetti vocali e frasi tematiche interrotte e modificate. Una specie di flusso sonoro che attraversa un po’ tutto il disco. Gli altri brani sono tutti a firma di Wyatt e sono un ricco omaggio a musicisti della scena di Canterbury, e non solo. Si va da To Mark Everywhere, dedicato a Mark Ellidge con un incedere iniziale molto rock ma sporcato dai fiati, a To Saintly Bridget, dedicato all’amica artista Bridget St John, sicuramente più vicino all’estetica free jazz. To Oz Alien Daevid And Gilly è chiaramente dedicata a Daevid Allen e Gilly Smyth, mentre To Nick Everyone, per il trombonista Nick Evans, è caratterizzata da fraseggi di fiati, con un irruento finale caotico arricchito dal pianoforte di Mark Ellidge. 

Si continua con gli omaggi ai Caravan e a Jimmy Hastings, passando per Kevin Ayers e il suo gruppo The Whole World. In To Caravan And Brother Jim le atmosfere sono dolci, con una batteria cadenzata e un pianoforte a tratteggiare una melodia dal forte sapore jazzistico per poi tramutarsi in una sorta di outtake del secondo disco dei Softs. L’omaggio ad Ayers è un pastiche rumoristico, buffo e ironico. Il disco prosegue con un’altra sorta di ballad jazz sporcata dall’organo, melodioso omaggio a Carla BleyMarsha Hunt e Caroline Coon, per poi concludersi con Las Vegas Tango Part 1, stravolta  dai vocalizzi wyattiani e con un ritmo costante, ipnotico. Disco assolutamente unico, un esplosione di sperimentalismo dadaista che acquista sempre più senso e valore con gli anni.


pop

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