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I giorni dell'odio

 

Che l’uscita di scena di Trump sia tutt’altro che definitiva credo lo pensino in molti, giustamente. L’epilogo del suo mandato presidenziale lancia inquietanti segnali e ne traccia pesantemente le coordinate future.



Innanzitutto, vorrei sgombrare il campo dalle ipotesi che l’assalto di Capitol Hill sia stato un tentativo di colpo di stato. Non credo minimamente al fatto che un’azione del genere, così stracciona per certi versi, così surreale per altri, potesse preludere ad un golpe. Non lo si organizza in questo modo, e gli americani sanno bene come si fa. Più che altro è sembrata una caricatura di un colpo di stato, con aspetti anche grotteschi e buffi. Ma allora cosa è stato questo assalto, questo erompere gli argini della rispettabilità democratica, delle regole del gioco borghese? Bisogna prima di tutto dire che Trump ne è il primo responsabile ed è stato colui che ha progettato e pianificato tutto ciò fin da prima dell’esito elettorale. L’assalto di Capitol Hill ha una doppia valenza: da un lato minare in profondità la prossima amministrazione Biden, radicalizzando su posizioni estreme e quindi inconciliabili con il resto della società americana la gran parte del suo elettorato, e dall’altro lanciando un messaggio a tutto il mondo reazionario e sovranista, un mostrare che c’è la possibilità, reale, che non si possa né si voglia stare più alle regole del gioco, che ci sia la volontà e la capacità di rompere con esse e di tentare la conquista del potere anche con altri mezzi. È per questo che quel messaggio va preso sul serio, perché è una sorta di chiamata alle armi da parte di Trump e dei suoi sostenitori verso il resto del mondo occidentale. Tanto per rimanere in ambito nazionale, le prese di distanza dei nostri Salvini e Meloni sono state timide e alquanto ridicole. Tanto è vero che Fratelli d’Italia ha votato contro, al Parlamento Europeo, alla mozione che condannava l’assalto di Capitol Hill, e la Lega si è astenuta. Trattandosi di Parlamento Europeo, immagino non sia stata una mozione dai toni estremisti. E questo la dice lunga su ciò che significa quello che è successo a Washington e il segnale che lancia anche in Europa.

Quindi il miliardario Trump si erge come rappresentante mondiale di quel vasto pezzo di società schierato su posizioni reazionarie, e in qualche modo oltrepassa il Rubicone, ventilando possibili azioni violente e soprattutto posizionando la sua base su un terreno ancor più antidemocratico, riluttante al rispetto di diritti e delle regole, e innervato da forme d’odio razziale e sessista.

Ma cos’è questo fronte sovranista (anche se preferisco chiamarlo reazionario), come è composto e come si articola, in America ma anche nel resto dell’Occidente. Credo che si debba parlare di un’area interclassista, composta sì da comparti del proletariato industriale ormai in netta crisi, ma anche da settori piccolo e medio borghesi, e da una parte del capitale, quella che maggiormente soffre la globalizzazione liberista, e che sfrutta il malcontento che essa provoca per i propri fini. Da questo punto di vista Trump ne è il perfetto rappresentante: un miliardario sfruttatore che si erge a paladino degli sfruttati. Questo fronte interclassista è in sofferenza da molti anni prima di tutto per l’innegabile abbassamento del livello di vita generale avvenuto in tutto l’occidente, e che non riguarda ovviamente solo la classe operaia. La globalizzazione liberista ha generato forme corrotte di progresso nel vecchio terzo mondo, e siccome il profitto non è per tutti bensì per pochi, come in una sorta di altalena, al timido innalzarsi di una parte se ne abbassa l'altra, intaccando tutta una serie di conquiste che erano parte del nostro system of life. A questo elemento va sicuramente legata la crisi della classe operaia occidentale e la sua perdita di forza e di peso, con condizioni nettamente peggiorate e sempre più emarginata. Ma questo da solo non spiega l’inspessimento del fronte reazionario. Vanno considerate una serie di questioni aggiuntive che ci permettono di comprendere meglio le dinamiche di questo fenomeno preoccupante, e delle sue manifestazioni, tra odio e ignoranza, razzismo, sessismo ed egoismo. Questa parte di società già toccata da crisi economiche e liberismi si trova di fronte una serie di cambiamenti che non riguardano solo la sfera economica, ma questioni inerenti alla psicologia delle persone e al loro modello di vita, quali l’incontro e la convivenza con altre culture, i cambiamenti connessi alla famiglia, la definitiva emersione delle donne dal loro ruolo subalterno.

Lo sfruttamento globale non poteva non innescare migrazioni e rivolgimenti che hanno toccato in grande numero le nostre società, e quelle porzioni più in difficoltà non soltanto dal punto di vista economico ma anche da quello culturale, sono state preda del messaggio razzista, della classica guerra tra poveri, dello spostare la rabbia verso il basso e non verso l’alto, verso il più povero e non verso il più ricco. Ma, per l’appunto, non si tratta solo di un fattore economico ma anche di una difficoltà del convivere, del mutarsi in rapporto con l’altro, nel saper accettare le differenze ma anche le difficoltà che indubbiamente comportano le migrazioni, a fronte comunque di un arricchimento e di un rinnovamento delle nostre società. Accanto al razzismo il fronte reazionario è segnato profondamente da forme di sessismo, di rifiuto del presunto diverso, dei nuovi costumi. Sembra che qualsiasi cosa che intacchi la cosiddetta famiglia tradizionale, che tradizionale non è, produca forme di rigetto istintivo. Così come, istintivamente, il genere maschile senta ormai prossima la fine del suo predominio sulle donne, ne percepisca concretamente l’evoluzione, e la tema. L’alto numero di femminicidi non è altro che la dolorosa rappresentanza di questo fenomeno, una crudele guerra affinché l’uomo non perda il suo ruolo dominante.

A questi fattori va aggiunta una generale forma di insicurezza dovuta alla globalizzazione liberista, una vera e propria rivoluzione del capitale che distrugge forme passate e ne crea di nuove, basate ovviamente sempre sul profitto, sullo sfruttamento, sulla precarietà e insicurezza. Da qui la ricerca di un passato protettivo, aureo, una sacralizzazione di confini che invece vengono continuamente abbattuti dal denaro e dalle merci che noi stessi acquistiamo e che quindi noi stessi travalichiamo. Ma anche la frustrazione per non riuscire a cambiare lo stato delle cose, cercando continuamente una personalità forte che dia l’illusione di una vittoria nei confronti delle élite colte, sprezzanti, altezzose, e che quindi permetta di traslarsi in componente vincente, rivendicando la propria subalternità culturale ed economica e affidandosi quindi al capo, al leader (il Capitano!) per uscirne.   Quando poi subentra la delusione, perché ovviamente nessuna di queste figure vuole o è in grado di cambiare concretamente, allora si va alla ricerca di qualcun altro oppure si esonda nell’odio viscerale, spesso immotivato.

Per ultimo, ma credo sia una questione fondamentale e che sia indispensabile per fronteggiare questo fronte reazionario, la mancanza di una visione futura, e da qui come dicevo prima il rifugio in un idealizzato passato. Cosa viene offerto come prospettiva, come ideali, come cambiamenti, in particolare da parte della sinistra? Da una parte la grigia compatibilità, una migliore (?) gestione dell’esistente, un vago rispetto dei diritti e una debole accettazione delle differenze, insomma qualcosa che certo non sollecita né eccita gli animi, non li motiva, non dà speranze, solo cenni di resistenza alla reazione. Dall’altra, anche qui, un rituffarsi nelle esperienze gloriose del passato, come se si potesse tornare indietro o rianimare organizzazioni ed esperienze che proprio questo capitale, questa globalizzazione, questo liberismo hanno sconfitto. O, in ultima ipotesi, accenni di visioni assolutamente lontane dalle persone, per nulla in grado di vivere nei desideri così come nelle menti. A noi servirebbe un’utopia, ma un’utopia che fosse viva, che riuscisse ad accendere gli entusiasmi, che fornisse elementi di una società futura, un sol dell’avvenire che fosse anche solo in parte visibile, non così lontano da non vederlo, da non percepirlo. Per combattere la reazione in modo efficace credo ce ne sia assolutamente bisogno.   

 

pop

4 commenti:

  1. È utopico auspicare un’utopia? Forse non è del tutto impossibile sebbene, pare lontano anche il fatidico lumicino di speranza, però il lancio è veramente giusto: ci vorrebbe una bella utopia. Si, un’utopia per risollevarci, tiraci su almeno con l’energia per contrastare quelle forze che ci spingono in un angolo buio e mortificato. Oddio, l’obiettivo di un mondo di uguali ognuno coi suoi caratteri specifici ma tutti con gli stessi diritti (ancorché intanto, sia pure con mezzi e possibilità diversi) non sarebbe un obiettivo da poco. Non fa sognare? Mah, chiediamolo agli abitanti delle foreste amazzoniche, ai neri nei ghetti metropolitani, a disabili gay trans zingari bambini donne diseredati e affamati di tante zone del mondo. Altra utopia niente male sarebbe quella di riportare quel pianeta che sta tra Venere e Marte (toh) a un bilancio ecologico fatto di numeri accettabili e che non diano proiezioni catastrofiche. Vero, risultano utopie color… arcobaleno pallido e infatti il problema è rilanciarle, ravvivarle: il suddetto combustibile c’è, invece è scarso il comburente.
    Ci vorrebbe, per fare un aggancio a un altro blog di Pop, un bel vento Rock (never die) insieme a molti grupponi alla Greta e a tanti gruppetti che sondano e sfondano il Web-Wall. Facile no?

    Invece non concordo con una parte di questo blog. Nel senso che io ci leggo quasi un adesso il fronte sovranista, qui giustamente meglio definito reazionario, si muove si organizza ed è minaccioso come non mai. Non mi sembra sia un fronte mai stato fermo o innocuo. Dalla storia antica a tutto il XX secolo i reazionari hanno combattuto in mille modi e con mille mezzi per rafforzare e mantenere (“conservare”) i loro poteri, che da sempre sono stati poteri soverchianti e di privilegio. Hanno scatenato guerre genocidi schiavismo ed apartheid; hanno messo bombe a casaccio o fatto omicidi mirati per mantenere o riprendere il potere ed hanno usato il ricatto del lavoro e la potenza dei soldi per spadroneggiare. Vero che in occidente a inizio ‘900 la classe operaia era cosciente e organizzata tanto da essere un’alternativa di potere e poi che per un bel periodo negli anni ’60 un vento nuovo di liberazione ha portato diritti e sogni ovunque ma le potenze della restaurazione hanno appunto saputo reagire, e mica poco. Sull’attuale globalizzazione e il mutato mondo del lavoro andrebbe continuata l’analisi ma, comunque, i padroni del vapore, i ceti dominanti, con gli annessi patriarcato, identità di famiglia e di genere (maschile) non hanno mai mollato (e ad esempio i femminicidi non sono in aumento ma sono l’unica categoria di crimine che in percentuale non scende, dunque risulta relativamente maggiore, in Italia in Europa e in quasi in tutto il mondo).

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    1. In realtà quelle che tu elenchi non sono utopie color arcobaleno pallido, tutt'altro. E' che andrebbero collocate in una prospettiva più ampia, globale, un modello di società futura, anche abbozzato. Una visione che comprenda queste e altre tematiche ma che siano parte di un qualcosa che vogliamo costruire e non isolati tasselli da sbandierare nei momenti di difficoltà.
      Rispetto al fronte sovranista....sono d'accordo che i reazionari di tutte le epoche hanno sempre svolto quel ruolo. Tuttavia il Trump che manda all'assalto le sue sciatte ma inquietanti truppe mi sembra sia un evidente cambio di rotta, in questa fase. Direi che non è il caso di sottovalutarlo nè di ridurlo a fenomeno simile a tanti altri del passato. La comparazione spesso è utile ma rischia di farci perdere di vista le specificità insite in ogni epoca storica e che quasi mai si ripetono.
      Comunque....ti ringrazio degli stimolanti commenti. Mi sollecitano sempre nuovi interrogativi!!!
      pop

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  2. L’hanno sempre fatto, e continuano a farlo: hanno il potere e non vogliono perderlo o spartirlo. Si direbbe è pure ovvio, fanno il loro mestiere. Un po’ meno intuitivo, eppure è l’aspetto vincente almeno dalla storia moderna in poi, è che sono riusciti a farsi un ampio seguito proprio tra gli sfruttati. Come? Con l’ebreo, il barbaro, l’infedele, il cristiano, il negro, lo zingaro le femministe eccetera. Questi diventano i colpevoli della (nostra) crisi economica oppure la minaccia per il nostro lavoro, le nostre famiglie, le nostre tradizioni, i nostri sani valori, le nostre strade pulite e ordinate. Io credo che ad Hitler e Goering e sicuramente a Mussolini del destino degli ebrei importasse quasi niente; a loro premeva l’uso strumentale di quella gente fatta nemico. (Poi Hitler è andato avanti con una gigantesca complicata macchina da sterminio mentre era in guerra su più fronti con le potenze mondiali e lì… neanche Andreoli ne dipana l’encefalo - Mi scuso però mi chiedo: se i nazisti non avessero ossessivamente insistito negli stermini quale seguito, quale “comprensione”, avrebbe oggi quella ideologia con la sua finalità suprematista meno esplicita?) Quel loro anelato mondo di migliori; efficienti, sani belli coesi e bravi, a discapito di incapaci handicappati problematici ed inferiori, soppressi fisicamente ed eugeneticamente, senza quel palese orrore dei lager quanti ancora avrebbe attirato?).
    A seconda dei luoghi e dei tempi un bel nemico si trova sempre e, visto il momento, penso al tragico destino degli untori: inventati e massacrati perché non si sapeva capire e affrontare la peste.

    Pure in questi primi venti anni del XXI secolo certi signorini non mi pare abbiano mai abbassato la cresta: sul Web, nelle piazze, nelle scuole e sulle mura cittadine, con campagne antisemite antiabortiste razziste e sovraniste, direttamente o per rimbalzo, hanno portato gente appunto come Trump ma anche come Bolsonaro Duterte o il nuovo Erdogan e rafforzato movimenti dietro i nomi di Le Pen, Meloni,salvino,Orban,Albaorata,ForzaNuova…
    Quindi, come segnalato con questo blog, i figliocci di Trump – ci aggiungo i famosi adepti della QAnon – saranno un pericoloso problema in più; dovranno stare attenti Biden e le tendenze progressiste in USA e non solo, vedremo cerchiamo e speriamo di arginarlo.
    La democrazia, per non parlare del socialismo, la si combatte perché la democrazia non è per niente fare crocette in un seggio, quello te lo cedono alla grande, ma redistribuire - dopo aver dato pari diritti, sennò è una redistribuzione di parte e… pure quella te la danno benissimo - e ovviamente l’attacca in tutti i modi chi ci rimette con l’equità, unito alle reclute di stolti che operano proprio per coloro che li vogliono sottomessi. Si sa, il mondo è bello perché vario.

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  3. errata corrige - volevo scrivere Alba Dorata è venuto Albaorata, forse è pure meglio, significherebbe alba parlata...alba chiacchierata

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